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ILVA di Taranto. USB, facile profeta?

Taranto,

    La legge 231 (salva-Ilva) serviva solo a far guadagnare tempo alla proprietà e non a salvaguardare salute, ambiente e lavoro.
    Lo ripetiamo da mesi che la famiglia Riva, nel suo bel disegno,  guardava al fondo del barile per raschiarlo sino all’ultimo centesimo e portare via tutto nei paradisi fiscali.
    Un disegno criminale, caldeggiato dai suoi complici, per nascondere il suo tesoro oltreoceano e lasciare Taranto, i suoi cittadini e tutti i Lavoratori in un mare in tempesta e di guai. 17 anni di stragi “garantite” e coperte dal silenzio dei più, da quello pagato con “mazzette” e favori, da quella parte insana della politica, delle istituzioni e del sindacato ormai largamente smascherati.
    L’USB, nata solo 6 mesi fa nello stabilimento Ilva a Taranto, si è posta subito l’obiettivo prioritario di combattere contro lo strapotere di un sistema infame, ben collaudato negli anni,  pur considerando che il compito non sarebbe stato facile. Ma siamo qui, piuttosto rafforzati dall’enorme consenso dei Lavoratori, stima guadagnata con sacrificio, con l’immane impegno di giovani Lavoratori stanchi degli abusi, delle bugie quasi ventennali di un sindacato che ha guardato solo agli interessi ristretti, dimenticando i veri problemi.
    Abbiamo sin da subito sostenuto la linea della magistratura, considerando, come unica strada percorribile l’esproprio senza indennizzo e la nazionalizzazione della fabbrica. Abbiamo chiesto il ripristino delle cose, partendo dal fermo degli impianti nocivi per passare alla bonifica del territorio e dello stesso stabilimento.
    Ora vogliamo sapere chi è il nostro interlocutore: Riva l’avevamo già scartato, dato che era in galera. Vogliamo lo Stato e il Governo al tavolo. Vogliamo sederci insieme ai Lavoratori e ai cittadini di Taranto a quel tavolo, perché è giusto dare voce a chi ha pagato e continua a pagare innocentemente.
    L’ex  ministro Clini, l’ex Governo Monti sono complici, a nostro parere, di una politica che ha devastato e buggerato la nostra terra, senza ascoltare il grido di una città sanguinante. La legge salva-Ilva, l’AIA e la 231, sono la prova provata che si voleva affossare ancora di più la nostra dignità e avvalorare le tesi del crimine legiferato. Siamo stati lungimiranti, purtroppo, facili profeti di una realtà che tutti sapevano sarebbe piombata sulle nostre teste come un macigno, prima o poi. Una realtà drammatica che, arrampicandosi sugli specchi, i complici di Riva, hanno tentato di  evitare, inutilmente, a quanto pare. 8 miliardi sequestrati dalla Procura di Taranto, 1,2 miliardi dalla Procura di Milano, sommati non basterebbero mai a risarcire il danno che, insieme, Riva e company hanno procurato qui a Taranto e zone limitrofe.
    Ma vogliamo ripartire pensando all’utilizzo del “tesoro” di “famiglia” in modo pulito,  per porre le basi di una non più rinviabile Legge per Taranto che parta  dal nodo fondamentale dell’emergenza sanitaria; che guardi alla ricerca scientifica; allo sviluppo economico del territorio, passando essenzialmente dalla bonifica di quelle aree avvelenate in tutti questi anni di cinica corsa al profitto.
    Vogliamo giustizia per quanto è stato indegnamente reiterato sotto gli occhi di tutti, facendo passare l’idea, a noi mai piaciuta, di un popolo colonizzato e di una classe operaia oppressa per legge, quella del padrone e dei suoi “soci”.
    Abbiamo indicato la strada sin dall’inizio di questa vicenda giudiziaria, venuta alla ribalta il 26 luglio scorso con l’arresto dei vertici Ilva, ma altri hanno solidarizzato con i detenuti, considerando che le casse dello Stato si dovessero prosciugare per salvare chi ha avvelenato.
    Siamo stati sempre contrari agli ammortizzatori sociali, ai contratti di solidarietà, ai tanti aiuti in favore solo dell’azienda. Altri hanno preferito chinarsi ancora una volta al volere del padrone, acutizzando le preoccupazioni e le incertezze di intere famiglie dei Lavoratori, ormai precarizzati dalla firma di un accordo datato 14 marzo u.s. da Fim-Fiom e Uilm. Quei contratti, da USB subito rigettati, sono serviti al completamento della legge 231, cioè ad aiutare la sola proprietà e non a salvare il posto di lavoro.
    Siamo all’epilogo di una storia che lascerà non pochi strascichi per la sua gravità, ma non possiamo limitarci a leccarci le ferite e dobbiamo reagire.
    L’USB chiede con forza e determinazione che lo Stato sia unico interlocutore in questa fase drammatica che deve vederci come legittima espressione dei Lavoratori, anche se a qualcuno non piace.
    Sosteniamo l’azione della magistratura, partendo dal principio espresso nelle pagine dei verbali: “ferma gli impianti, risana e, se sei in grado, riprendi l’attività” per giungere al “chi inquina paga”.
    Siamo al fianco di tutti coloro che vogliono lottare senza “fili”, spezzando le catene per riprenderci quanto sin qui ci è stato ingiustamente tolto.
    Riprendiamoci la nostra dignità e la libertà. Riprendiamoci la fabbrica perché è nostra e non di altri.
    I Lavoratori scelgano se continuare a fare le vittime o se mettere fuori l’orgoglio.
    Chiamiamo a rispondere delle stesse responsabilità lo Stato e i Governi per gli anni precedenti all’arrivo del privato, Riva per tutto quanto accaduto dal 1995 ad oggi.
    Nell’agenda dell’USB è prevista una grande manifestazione nazionale che vuole portare a Roma i Lavoratori per dimostrare che non siamo più disposti a subire inganni da parte di nessuno; per liberare la fabbrica dal privato; per rovesciare i tavoli.
    La lotta paga, la verità è rivoluzione.
    Vogliamo tutto e subito, per questo chiamiamo alla mobilitazione tutti i Lavoratori.
    L’USB…C’E’!!!

 

24 maggio 2013