L'Assemblea di Confindustria e l’intervento della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni confermano un’alleanza solida e organica tra il potere politico e quello padronale, costruita sulla pelle dei lavoratori. Tra elogi al “merito imprenditoriale”, promesse di nuovi tagli fiscali e accuse al Green Deal “ideologico”, si consuma l’ennesima rappresentazione di un modello fallimentare: quello del profitto senza responsabilità, della deregolamentazione, della precarietà come unica politica industriale.
Il Presidente Orsini parla di “situazione insostenibile” per le imprese, mentre milioni di lavoratrici e lavoratori sopportano salari da fame, condizioni di lavoro degradate e un carovita insostenibile. Chiede 8 miliardi all’anno in investimenti pubblici, ma senza alcuna condizionalità sociale, né occupazionale: un’altra pioggia di soldi pubblici alle imprese, mentre si attaccano il salario minimo, il reddito di cittadinanza, mentre il rinnovo dei contratti viene rinviato all’infinito. La proposta di “Piano Industriale Straordinario” è una truffa se non si mette al centro il lavoro, la sua tutela e la sua dignità.
Dall’altra parte, Meloni rivendica una gestione “amica delle imprese” mentre nella realtà porta avanti una politica nemica del lavoro e dei lavoratori: smantella le tutele sociali, non interviene nelle crisi industriali se non per legittimare operazioni speculative, e usa il PNRR per rafforzare i grandi gruppi e le filiere già forti, anziché costruire un nuovo modello produttivo pubblico, sostenibile, integrato.
USB lo dice chiaramente: non c’è alcuna “emergenza competitività”, c’è invece un’emergenza salari, diritti, condizioni di vita. La politica industriale deve cambiare rotta: basta incentivi a pioggia, basta finanziamenti senza obblighi. Servono condizionalità vincolanti: chi prende soldi pubblici deve garantire occupazione stabile, salario dignitoso, transizione ambientale reale, e rispetto dei diritti sindacali. Serve un ruolo pubblico nell’economia, a partire dai settori strategici: industria, energia, digitale, sanità, trasporti.
Per questo USB ha indetto per il 20 giugno lo sciopero generale, per rimettere al centro chi lavora e chi produce, contro le politiche del governo, la logica del riarmo, per il salario ed i diritti. Per dire basta a guerra e al sostegno italiano allo stato genocida di Israele.