Ancora una volta sono i lavoratori e le lavoratrici a pagare il prezzo delle scelte aziendali. Piaggio ha annunciato l’apertura della cassa integrazione a partire dal 3 giugno per circa 250 lavoratori proprio nel periodo in cui, storicamente, la produzione di scooter dovrebbe essere al suo picco. Una decisione che lascia sgomenti e solleva domande pesanti sul modello industriale adottato dall’azienda. Una contraddizione inaccettabile: invece di rilanciare l’attività in una fase cruciale, l’azienda ferma tutto e scarica il costo su chi lavora.
Dopo mesi in cui si è proceduto a lavorare saturando le linee di montaggio e comprimendo i ritmi di lavoro – adesso, ci troviamo linee ferme e circa 170 contratti a termine che escono dal ciclo produttivo scaricando le scelte aziendali sui dipendenti.
Ricordiamo che la cassa integrazione viene pagata al 65% dello stipendio, generando una perdita economica significativa per chi lavora, mentre i profitti continuano ad accumularsi altrove. Un’altra dimostrazione di come, nel capitalismo contemporaneo, le logiche speculative prevalgano su qualsiasi pianificazione industriale degna di questo nome.
Ma la responsabilità non è solo dell’azienda.
Ci chiediamo: Dove sono la salvaguardia del salario e la salvaguardia dell’occupazione? La realtà ci parla di un’azienda che smantella, taglia e delocalizza, mentre il governo resta a guardare e il costo sociale viene scaricato sulle spalle della collettività. Il territorio industriale che ruotava attorno a Piaggio è stato scientificamente smantellato in questi anni, con l’indifferenza – quando non la complicità – delle istituzioni locali e nazionali. Il tessuto produttivo è stato disgregato, le filiere esternalizzate o delocalizzate, mentre il lavoro è diventato sempre più precario, frammentato, senza tutele.
Le istituzioni restano in silenzio nessun piano industriale nazionale, nessuna politica di reindustrializzazione degna di questo nome, nessun vincolo a imprese che hanno incassato profitti per anni – anche grazie a fondi pubblici – e ora restituiscono cassa integrazione e incertezza. È l’ennesima dimostrazione di un modello fallimentare: quello che privatizza gli utili e socializza le perdite. Non possiamo più accettare che le scelte industriali siano dettate solo da logiche finanziarie. Non è un problema solo di Piaggio, è un problema del Paese. È evidente che serva un’inversione di rotta. Rifiutiamo la logica per cui i padroni decidono e i lavoratori subiscono.
È tempo di organizzarsi, di alzare la testa e di riprendere parola nei luoghi di lavoro.
Verso lo sciopero Nazionale del 20 giugno per difendere il lavoro, il salario e il futuro di tutti i lavoratori. È tempo di riaprire un conflitto vero, sociale e politico, contro chi pensa che i lavoratori siano numeri da tagliare nei bilanci.
Reddito, diritti e dignità non si toccano.