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Inps

La stasi, Inps nella palude: l’istituto ostaggio di fazioni e interessi politici

Roma,

Il 16 luglio 2025 abbiamo assistito alla presentazione al parlamento del XXII rapporto annuale INPS. Il ritratto dell’Istituto – e di conseguenza del paese – rappresentato dal presidente Fava e dalla ministra Calderone ci è parso quasi del tutto scollegato dalla realtà e finalizzato soprattutto a supportare la propaganda governativa.

Molti i riferimenti all’aumento dei posti di lavoro registrato negli ultimi mesi, dimenticando però di dire che si tratta soprattutto di lavoro povero. Crescono le situazioni di sfruttamento, di ricatto, di mancanza di sicurezza, di tempo parziale involontario e di diritti negati. Il lavoro povero tracima e invade situazioni in passato più garantite, comprese quelle di tanti dipendenti pubblici. Anche i dipendenti della società “in house” Inps Servizi continuano a scontare condizioni di lavoro per certi aspetti peggiori di quelle che avevano come dipendenti in appalto, nonostante le promesse.  Nemmeno una parola per le tante crisi aziendali, delle quali l’Ilva è probabilmente la più emblematica, che danno la misura del processo di deindustrializzazione del paese.

La rappresentazione del sistema pensionistico italiano come elemento di mitigazione delle sperequazioni salariali tra i lavoratori in attività è addirittura imbarazzante, considerando la tendenza strutturale all’abbassamento del potere d’acquisto tanto dei salari quanto delle pensioni, tale da prefigurare – senza un deciso cambio di direzione – il mesto futuro di un paese la cui maggioranza sarà costituita da vecchi poveri. Un paese fallito. Un paese rovinato dalle scelte economiche e geopolitiche fallimentari del governo e dell’intero parlamento. Neppure una parola sul programma governativo – sostenuto anche da larga parte della cosiddetta opposizione – di investire più massicciamente in armi e difesa, sottraendo ulteriori risorse a uno stato sociale già ridotto ai minimi termini. Altro che “nuove misure che trasformano la crescita in benessere diffuso” (Calderone come citata in intranet Inps).

Rivolgendo l’attenzione alla situazione interna all’Istituto, quella che ci riguarda più da vicino, la situazione non migliora. Anzi. A 15 mesi dall’insediamento dei vertici, i termini che meglio ne descrivono lo stato sono stasi e stagnazione, destinati a diventare presto recessione. Non si intravede la volontà di dare una svolta ma piuttosto l’atteggiamento di chi tira a campare.

La situazione più grave è senz’altro quella degli organici, dove la carenza è ormai arrivata a 6000 unità, con una differenziazione territoriale molto marcata a danno soprattutto di molte sedi del nord ma anche di alcune sedi del centro sud con logistica penalizzante. Emblematico il caso della sede di Aosta, i cui lavoratori denunciano da tempo una situazione insostenibile, ricevendo in cambio solo promesse vuote e prese in giro. Lavorare in carenza di organico significa lavorare male e in condizione di stress. Significa lavorare in parte gratis, dovendo fare fronte a carichi di lavoro eccessivi, con l’ulteriore conseguenza di impedire l’accesso dall’esterno a posti di lavoro teoricamente disponibili. I concorsi per funzionari e assistenti, più volte annunciati per imminenti e più volte rimandati, sembrano una chimera. Intanto l’emorragia di pensionamenti e la fuga verso condizioni di lavoro più favorevoli continuano senza sosta, causando un circolo vizioso che si auto-alimenta. La giustificazione del ritardo dei concorsi con problematiche di bilancio ci pare un’aggravante più che un’attenuante. I concorsi in svolgimento – per medici, infermieri e assistenti sociali – avanzano con una lentezza esasperante, mentre l’avvio a regime delle nuove competenze in materia di invalidità civile incombe.

Gli interpelli per cambio di famiglia professionale verso quella ispettiva e sanitaria paiono essere stati rimandati “sine die” e senza valide ragioni (non è valida quella dell’allineamento al concorso pubblico per ispettori). Quello verso la famiglia informatica si è recentemente concluso, dopo mesi di stagnazione, con modalità che ad essere buoni definiamo opache.

Lo spettro della riorganizzazione, l’ennesima, aleggia sull’Istituto ormai da più di un anno ma tarda a manifestarsi apertamente. E questo potrebbe essere un bene. Si ha tuttavia l’impressione che il motivo di questo ritardo sia dovuto non tanto alla necessità di ulteriore riflessione, quanto alla formazione di fazioni e gruppi di potere, sulla base sia di logiche interne che di posizionamenti politici. Ci auguriamo che si arrivi presto ad una sintesi e non alla ulteriore degenerazione in una “guerra tra bande”.

Sulla formazione inutile ci siamo recentemente espressi. Dopo settimane di silenzio – non si capiva se per reticenza o per mancanza di argomenti validi - dell’Amministrazione sulla “direttiva Zangrillo”, su Syllabus e le altre piattaforme da utilizzare, su come venga coordinata e registrata la formazione erogata con diverse modalità, è stato finalmente pubblicato un messaggio Hermes, che lascia comunque molti dubbi, soprattutto riguardo all’eventualità che i dipendenti autocertifichino l’avvenuta formazione.

Il sistema di valutazione è stato sottoposto a piccole modifiche superficiali, a seguito di un confronto insoddisfacente, lasciando intatto il sistema delle pagelle con la sua impostazione classista e con i suoi effetti intimidatori e repressivi. Non sarà certo la riduzione della scala dei punteggi da sette a cinque a cambiarne la natura. Intanto i sindacati gialli si acconciano ad accettarne strutturalmente l’aumento di peso relativo nella composizione delle graduatorie.

Il contratto integrativo 2025 va a rilento e promette male, per lo scarso impegno e la poca attenzione ai lavoratori da parte dell’Amministrazione e la palese inadeguatezza delle organizzazioni sedute al tavolo, che cianciano di quarta area e di finta settimana corta per distogliere l’attenzione dei lavoratori e delle lavoratrici.

Gli impegni e le promesse del presidente Fava per la rimozione del “tetto” al Fondo Risorse Decentrate (rimozione ottenuta da tempo da altri enti) non hanno avuto fin qui alcuno sviluppo positivo. Ci auguriamo di essere smentiti presto, ma sorge il sospetto che si trattasse di vanagloria o di promesse da marinaio.

Ci sarebbe molto altro da dire e da esaminare in dettaglio ma in quanto detto c’è abbastanza per disegnare un quadro preoccupante del presente dell’Istituto e per immaginare un futuro ancora più fosco. I vertici dell’Inps smettano di fare da grancassa alla propaganda governativa e inizino a preoccuparsi delle necessità e delle richieste dei lavoratori e delle lavoratrici, senza l’apporto dei quali nessun obiettivo può essere raggiunto. Si cominci dal ripristinare più corrette e inclusive relazioni sindacali, considerando adeguatamente che i sindacati gialli attualmente accreditati alla trattativa rappresentano poco più del 50% del personale. Intanto siamo già nel pieno dell’estate. E passano i giorni, e passano pigri.

 

USB Pubblico Impiego INPS