Dal gennaio 2017, ovvero dall’istituzione dell’INL ad oggi, si sono alternati in via Veneto cinque Ministri del Lavoro e ognuno di essi ha dispensato la ricetta della propria parte politica mentre i lavoratori sono sempre rimasti al palo su molte questioni. Tutto questo la dice lunga su come la politica sia riuscita ogni volta a negare le ragioni della giustizia e dell’equità, a ignorare le legittime aspettative di chi ogni giorno è impegnato ad assicurare servizi essenziali, combattere l’illegalità e garantire tutela ai diritti dei lavoratori.
Ebbene, dato che siamo soliti guardare ai fatti e non alle promesse è logico dedurre che lo smantellamento delle funzioni e dei servizi sia cominciato proprio nel dicembre 2016, quando, dietro la promessa di mirabolanti autonomie e maggiori flessibilità organizzative (come oggi guarda caso), si fece un’operazione di facciata nel senso di cambiare tutto per non cambiare niente.
Oggi è semplicemente agghiacciante come si ripeta lo stesso errore: nell’incontro di ieri si è parlato di maggiore autonomia del Dipartimento e miglioramento delle condizioni del personale, questa volta all’interno del Ministero, ma non si rintraccia alcuna misura finalizzata a questa valorizzazione. Francamente si ha la sensazione di trovarsi all’interno dell’ennesima e stucchevole messinscena a saldi invariati per le casse dello Stato.
Nel merito, a differenza di ciò che era stato detto 4 giorni prima, è sparito nella bozza di decreto il finanziamento del salario accessorio da parte del MEF fino al tetto dei 50 milioni. Dunque, tentativo di incremento salario accessorio abortito sul nascere. Conseguenza di ciò è la fine di ogni possibilità di dare copertura strutturale ad indennità fisse (come in INPS e INAIL) in favore di tutto il personale.
Della partecipazione ai progetti INPS di cui all’art. 18 della Legge 88/89 nessuna traccia. Sono bastati 4 giorni, insomma, a spegnere qualsiasi velleità di fare ingresso nei progetti speciali come contropartita dell’apporto del personale ispettivo (rientrante al MLPS) al recupero delle omissioni ed evasioni contributive. Qui la politica sembra non riuscire mai nei suoi intenti quando si tratta di esercitare certe pressioni.
Ma la disposizione che non ci convince affatto è quella sugli arretrati della perequazione, norma, peraltro, ancora al vaglio della R.G.S. e della Funzione Pubblica. Secondo la bozza, da rispedire al mittente solo per questo, l’avanzo di amministrazione dell’INL verrebbe riassegnato al bilancio del Ministero del Lavoro per integrare con 37 milioni il Fondo Risorse Decentrate.
Dunque, armonizzazione dei trattamenti economici accessori per gli anni 2020-2021-2022 con una misura non strutturale e simile a quella del luglio scorso per consentirci di ottenere l’Una Tantum. Molte osservazioni sul punto: anzitutto, il Decreto Aiuti-bis dava copertura all’indennità con apposito fondo mentre adesso si confida sul fatto che il MEF autorizzi l’uso degli avanzi di bilancio dell’INL per integrare il salario accecssorio di un solo anno.
Parliamo dello stesso MEF, ricordiamolo, che 8 mesi fa negava la possibilità di destinare gli avanzi di amministrazione all’adeguamento dell’indennità di amministrazione.
L’operazione, in ogni caso, è al ribasso proprio perché la somma da distribuire rientrerebbe nel FRD, acquisendo la natura di retribuzione accessoria, e dunque non pensionabile al pari dell’indennità Una Tantum in via di liquidazione.
Detto ciò, USB resta convinta che, oltre ad un rilevante interesse economico a fagocitare gli attuali 4.300 dipendenti dell’INL e i suoi avanzi di bilancio, si stia effettuando una manovra che rafforza solamente il vertice politico.
Internalizzando l’INL il Ministero del Lavoro si mette al centro della gestione e del governo delle ispezioni, orientando magari i controlli sulla Misura di Inclusione di Attiva (espressamente citata nell’articolato del D.L.), sul lavoro nero e sulle verifiche amministrative-contabili, in ossequio alle spinte tutte quantitative (+20%) del Piano nazionale di lotta al lavoro sommerso (vedasi PNRR). Questa O.S. difende da sempre l’idea di un’ispezione non fine a sé stessa, non come numero da dare in pasto alle statistiche ma come strumento per realizzare la tutela effettiva dei diritti dei lavoratori. Per fare questo la bozza di decreto prevede l’assunzione di altri 300 ispettori e 50 funzionari (profilo amministrativo-giuridico-contenzioso), continuando a commettere lo stesso errore di non adottare misure che possano rendere attrattivo questo lavoro e le funzioni che sorregge.
Come si intende potenziare davvero l’attività ispettiva (indennità mensile UPG, banche dati, strumenti in dotazione, formazione sulla tecnica ispettiva e costante aggiornamento sui fenomeni di illegalità diffusa)? Cosa s’intende fare per organizzare meglio le attività di front e back office tenuto conto dell’impietosa carenza di assistenti amministrativi? Quali miglioramenti concreti ci saranno per il personale che garantisce i servizi alla cittadinanza?
La mancata risposta a queste domande rende lo Stato debole nella lotta all’illegalità sui luoghi di lavoro, fragile nella garanzia dei servizi ai cittadini ed espone tutto il personale a rischi di ogni tipo, il principale dei quali è che l’operazione di rientro al Ministero possa avvenire sanza alcun miglioramento delle proprie condizioni.
E’ proprio vero che chi non capisce la storia è condannato a ripeterla.
Ci si assuma la responsabilità di riconoscere quanto da tempo chiedono i lavoratori!
USB P.I.
Coordinamento Nazionale INL-MLPS-ANPAL
Roma, 8 marzo 2023