Abbiamo detto e scritto più volte che la proliferazione di fondazioni in ogni campo della pubblica amministrazione rappresenta la versione aggiornata e suadente di un fenomeno vecchio: la privatizzazione di interi settori, oppure singoli spezzoni, di pubblico.
Una cessione fatta con soldi pubblici; in una parola, un esproprio in senso inverso.
La nostra Costituzione (art. 42, 3° comma, in combinato disposto con l’art. 2 Cost.) prevede, a date condizioni, l’esproprio in funzione dei “doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”, vale a dire nel perseguimento di un interesse generale, cioè della collettività organizzata della quale anche l’espropriato fa parte.
A differenza dell’esproprio per pubblica utilità, nel caso della costituzione di una fondazione universitaria, l’ateneo pubblico realizza, nei fatti, un esproprio a danno dei lavoratori, degli studenti e delle loro famiglie che attraverso le tasse universitarie e le imposte finanziano tutto il sistema universitario (lavoratori e cittadini sono gli unici finanziatori del FFO – Fondo di funzionamento ordinario, la principale fonte di entrate nei bilanci degli atenei. Con le tasse universitarie versano all’università la seconda risorsa per peso economico).
L’ateneo rinuncia e trasferisce alla fondazione risorse, mezzi, personale e ogni dotazione necessaria al fine di perseguire un interesse pubblico che, in realtà, è già connaturato all’universitaria rinunciataria.
Anche per queste motivate ragioni, USB è – da sempre – contraria alla costituzione di fondazioni universitarie (ma potremmo dire: fondazioni nel settore della sanità pubblica oppure fondazioni nel campo della ricerca scientifica e così via).
Oggi, anche una istituzione pubblica come l’ANAC – Autorità Nazionale Anticorruzione riflette su tutti i molti rischi del trasferimento di funzioni dall’università alla fondazione, al consorzio, a questa o quella associazione, allo spin-off.
In particolare, l’ANAC evidenzia l’esposizione delle fondazioni universitarie (spin off, consorzi, selezione del personale docente e ricercatore e così via) a corruzione e mala gestio. Basti pensare al rodato fenomeno delle porte girevoli (l’ANAC usa il termine francese pantouflage): il professore universitario prossimo al pensionamento o già pensionato che passa, come se nulla fosse, dall’università alla società privata mantenendo intatta la sua capacità di decidere su assunzioni, finanziamenti, linee di ricerca e così via.
Finché morte non lo separi.
In allegato troverete, in versione integrale, la delibera n. 1208 del 22 novembre 2017 “Approvazione definitiva dell’Aggiornamento 2017 al Piano Nazionale Anticorruzione” (naturalmente, la medesima versione è reperibile sul sito internet della stessa ANAC).
Vi proponiamo – riprendendo singoli passaggi – alcune riflessioni dell’ANAC che, unitariamente con CISL e UIL di ateneo, abbiamo pure inviato ai singoli componenti il Consiglio di amministrazione, il Senato accademico e a tutti i Direttori dei Dipartimenti universitari dell’Università degli studi di Trieste.
Il taglio dell’intervento dell’ANAC lo si legge sin dalle prime righe dei paragrafi dedicati al sistema universitario (pag. 74):
“La proliferazione di società partecipate, associazioni, consorzi e fondazioni è riconducibile all’esigenza dei diversi atenei di conferire a soggetti esterni lo svolgimento di determinate attività di interesse pubblico… Tuttavia, tale pratica attuata dalle università può esporre la gestione di risorse pubbliche a fenomeni di corruzione e di mala gestio…”.
“Nel sistema universitario, il ricorso a soggetti privati esterni costituiti dalle stesse università o ai quali le università partecipano, appare volto alla esternalizzazione di una serie diversificata di attività:
a) In primo luogo, tali soggetti si vedono attribuire compiti e funzioni proprie dell’università, quali servizi resi agli studenti (biblioteca, segreterie, alloggi), o la progettazione ai fini della partecipazione a bandi nazionali o europei;
b) In secondo luogo, tali soggetti erogano servizi a favore della medesima università (si pensi alle manutenzioni, ai servizi informatici, alla promozione esterna dell’ateneo);
c) In terzo luogo, si registrano le attività denominate spin-off e start-up, che consistono nello svolgimento di attività di ricerca o di altre attività tecniche (misurazioni, accertamenti) ovvero nella utilizzazione industriale dei risultati della ricerca” (Pag. 73 della delibera 1208 del 22/11/17 dell’ANAC).
… spesso, questi enti di diritto privato non risultano adeguati al perseguimento dei fini istituzionali e, talvolta, svolgono attività di pubblico interesse analoghe a quelle compiute dalle pubbliche amministrazioni. Per tali motivi il legislatore ha deciso di intervenire, con l’intento di scongiurare la proliferazione di tali enti e di ridurre in maniera consistente la partecipazione pubblica in questi soggetti. Il perseguimento di tale obiettivo avviene attraverso la soppressione degli enti stessi e mediante processi di “reinternalizzazione” delle attività di pubblico interesse”.
“Possibili eventi rischiosi
►costituzione di enti partecipati o controllati finalizzata allo svolgimento di attività non rientranti in quelle di pubblico interesse;
►ingiustificato ricorso all’esternalizzazione di attività di interesse generale nei casi in cui le funzioni delegate possano essere svolte ordinariamente dall’ateneo;
►utilizzazione di personale universitario (professore, ricercatori, tecnici, impiegati) da parte di questi soggetti, anche dopo la cessazione dal servizio (pantouflage). Particolarmente rischioso il fenomeno dell’attribuzione di cariche presso gli enti a professori in servizio o a professori in pensione;
►conflitti di interesse, nella forma del conflitto tra controllore e controllato, nell’esercizio dei poteri di indirizzo e vigilanza dell’università nei confronti dell’ente privato da essa costituito o comunque da essa controllato e partecipato;
►reclutamento di personale e conferimento di incarichi secondo regole di diritto privato in violazione delle norme applicabili all’ateneo, con particolare riguardo al reclutamento per pubblico concorso” (pag. 74 Delibera 1208 del 22/11/2017).