Sala Convegni gremita, sabato 14 marzo, all’Archivio di Stato di Torino, per il convegno dedicato dalla RdB-CUB Pubblico Impiego Nazionale alla sicurezza sui posti di lavoro. Rosanna Fragomeni, del coordinamento regionale Pubblico Impiego, ha ringraziato il Direttore dell’Archivio di Stato per la splendida sala messa a disposizione dell’organizzazione ed ha quindi introdotto i relatori a cominciare da Rosario Bontempi (direttore della sede regionale INPS), Giuseppe Castronovo (consigliere ed ex-presidente del Consiglio Comunale di Torino), Vincenzo Chieppa (consigliere regionale Comunisti Italiani) e Renato Virdis (presidente della ONLUS "Legami d’Acciaio") che hanno portato il loro saluto e il loro punto di vista in tema di sicurezza agli intervenuti.
Paola Palmieri (della Federazione Nazionale Pubblico Impiego) ha, quindi, letto la relazione introduttiva. A partire da due assunti fondamentali:
- La responsabilità della sicurezza dei lavoratori deve gravare esclusivamente sul datore di lavoro
- la soluzione al problema della sicurezza si può trovare solo a partire da una precisa volontà politica
…ha descritto il quadro dettagliato della situazione sicurezza in Italia per poi proporre soluzioni d’emergenza estremamente articolate che consentirebbero, in sintesi, di:
- razionalizzare gli interventi preventivi, formativi e di controllo;
- reperire nuove risorse economiche da destinarsi all’ampliamento degli organici della forza ispettiva preposta ai controlli sulla sicurezza (circa 10.000 ispettori di INAIL, INPS, ASL, VVF, Carabinieri ecc.) finanziandoli col deposito infruttifero costituito dall‘avanzo di cassa dell’INAIL, attualmente ammontante a 13 miliardi e 236 milioni di Euro.
Di fronte ai bollettini di guerra quotidiani rappresentati dall’elenco di quelli che non esita a definire veri e propri omicidi sul lavoro (con una media di quattro morti al giorno e migliaia di feriti), Paola Palmieri chiede il ricorso, da parte del governo, alla decretazione d’urgenza e sul canovaccio da lei impostato si sono articolati i successivi interventi.
Tutte le relazioni sono disponibili per il download, dal fondo di questa pagina, in vari formati (PDF, PPS, WMV e MP3) in stretto ordine cronologico. Sempre al fondo di questa pagina è disponibile anche una galleria fotografica della giornata.
Il relatore successivo, il dott. Gianfranco Colace (Sostituto Procuratore del Gruppo Sicurezza del Lavoro presso la Procura di Torino) ha sottolineato come, nonostante il dettato costituzionale di una Legge uguale per tutti, nella realtà quotidiana "I morti non sono tutti uguali…" a causa dei limiti e delle contingenze locali del sistema giudiziario. In sostanza, riferendosi al cospicuo spiegamento di risorse che ha impegnato la Procura di Torino nel processo ai responsabili della tragedia della Thyssen-Krupp: "…Quanti uffici di una Procura della repubblica avrebbero potuto affrontarlo, con un impegno di questo tipo? …Forse nessuno" e, certo, "…morire nel territorio di Cuneo piuttosto che nel territorio di Torino" non può essere diverso dal punto di vista della risposta dello Stato. I morti, secondo Colace, non sono tutti uguali anche per una questione di costi (problema importantissimo in questo momento di grave crisi economica) che i magistrati non possono certo affrontare abdicando ai loro doveri professionali. Nel sottolineare quanto la Procura di Torino, in ambito nazionale, sia elemento trainante nell’attenzione alle tematiche legate alla legislazione in materia di sicurezza del lavoro, Colace ne ha auspicato l’esportazione delle esperienze (costituzione di osservatori sulle malattie professionali e sulla legislazione regionale in materia di sicurezza) annunciando la prossima apertura di un sito internet per consentire il confronto di esperienze in materia di legislazione sulla sicurezza fra tutti gli operatori del settore. Colace ha quindi concluso sottolineando l’incongruità della recente legge, voluta dal precedente ministro della Giustizia Clemente Mastella, che impone la rotazione dei magistrati nei loro uffici entro i dieci anni disperdendone, così, le professionalità.
L’ing. Alessandro Brasso, Responsabile Sicurezza Prevenzione e Protezione della Procura di Torino, ha accompagnato il proprio intervento con una serie di diapositive riassuntive disponibili per il download, nel formato di MS PowerPoint, dal fondo di questa pagina; ha stigmatizzato, come già aveva fatto Colace, la convinzione che in Italia non sia necessario ampliare la normativa vigente in tema di sicurezza, quanto piuttosto fare in modo che venga applicata ottimizzando e razionalizzando l’azione degli enti e dei funzionari preposti al controllo e alla prevenzione. Brasso ha rilevato la scarsa trasparenza del sistema di assegnazione al massimo ribasso degli appalti pubblici in quello che è il suo settore specialistico: l’edilizia, nel cui ambito, fra il 2004 e il 2005, è diminuito il numero degli infortuni e che detiene, invece, il primato delle malattie professionali. Nel medesimo settore, nel 2006 e 2007, Brasso rileva un aumento del quaranta per cento dei lavoratori stranieri i quali, anche in materia di sicurezza, vengono formati in una lingua che non conoscono, con conseguente spreco delle risorse stanziate. Altri sprechi: la duplicazione di iniziative da parte dei diversi enti preposti alla prevenzione, alla formazione e all’accertamento in assenza di una coordinazione centralizzata, nonché la sovrapposizione delle relative responsabilità. Per Brasso il futuro degli enti competenti in materia di prevenzione e formazione in materia di sicurezza è "…nella partecipazione, non nell’antagonismo".
Le statistiche ufficiali non evidenziano, per gli infortuni sul lavoro, percentuali di coinvolgimento diverse dei lavoratori immigrati rispetto agli italiani, tuttavia – ha rilevato Aboubakar Soumahoro, responsabile nazionale RdB-CUB Immigrazione, concordando con l’ing. Brasso – gli immigrati fanno lavori che gli italiani rifiutano, spesso accettando, in cambio del permesso di soggiorno, anche condizioni di sicurezza estreme; Abou ha evidenziato la relazione esistente fra il lavoro nero, che sono spesso costretti ad accettare gli immigrati, e gli infortuni sul lavoro spacciati (spesso dalle stesse vittime) come incidenti domestici, pur di non correre il rischio di essere rimandati al loro paese di origine. La condizione del migrante (a maggior ragione se clandestina) rispetto al lavoro e ai rischi che impone è soggetta costantemente al ricatto di un foglio di via e le statistiche ufficiali non restituiscono fedelmente le dimensioni di un fenomeno dipendente, oltre che dalle condizioni materiali di lavoro, anche da quelle umane e civili: il decreto sicurezza attualmente in discussione in parlamento, trasformando chi dovrebbe favorirne l’integrazione (insegnanti e medici) in potenziali delatori, rappresenta un grave arretramento del paese in materia di riconoscimento di diritti universalmente riconosciuti come fondamentali per tutti gli esseri umani.
Per Leoluca Orlando, parlamentare dell’ "Italia dei Valori", perché la sicurezza diventi tema di allarme sociale occorre una profonda modifica culturale. La realtà ci dice che, sebbene i morti sul lavoro e/o per malattia professionale siano una quantità diverse volte multipla delle vittime della mafia, ben altri sono i problemi legati al concetto di sicurezza che preoccupano realmente l’opinione pubblica. All’indifferenza per la sicurezza dei lavoratori si somma un uso perverso del concetto di sicurezza in altri settori. Secondo Orlando, se dal punto di vista dell’emergenza della sicurezza è vero che le leggi ci sono e basterebbe dare nuovo impulso ai sistemi di controllo, d’altra parte il bisogno di sicurezza va ad incidere su altri settori quali: la libera concorrenza, il sistema delle gare e degli appalti, la disciplina e l’orario di lavoro, l’abuso dello straordinario. Occorre, quindi, uno statuto dei diritti di sicurezza del lavoratore. In Italia si sta assistendo ad una drammatica modificazione materiale della Costituzione senza che sia cambiata la Costituzione formale: l’articolo uno recita che "l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro", ma l’On. Orlando tende sempre più a pensare che il paese stia diventando una "res" privata sempre più affondata sul problema del precariato, la mortificazione delle professionalità e le "morti bianche"; come si può, quindi, pensare – come recita l’art. 3 della costituzione – a "rimuovere gli ostacoli di fatto che impediscono il pieno dispiegarsi della persona umana"?
Come si fa a rimuovere gli ostacoli di fatto che riguardano il sesso, la razza, la lingua. la religione, le condizioni economiche e sociali?
"...Siamo ridotti, come dei poveracci, a difendere il primo comma che è l’eguaglianza formale di fronte alla legge...", dice l’On. Orlando ribadendo la necessità di un nuovo statuto per la sicurezza dei lavoratori, al tempo stesso manifestando qualche perplessità sul ricorso alla decretazione d’urgenza poiché i risultati sarebbero, probabilmente, assai diversi da quelli auspicati. Per affrontare la dimensione sistemica di questa crisi Leoluca Orlando ritiene che sia necessaria una riflessione più approfondita prevedendo anche forme di eliminazione dei conflitti d’interesse. Se non si affrontano questi aspetti si rischia di registrare soltanto i morti e le responsabilità individuali.
Pietro Spadafora, Direttore Regionale dell’INAIL, ha portato un esempio di buona sinergia: la collaborazione attivata, sin dal 2000, fra INAIL e gli uffici del Giudice Guariniello. Ha annunciato la costituzione di parte civile dell’INAIL, nell’imminente processo che vede come imputata la ETERNIT. Riferendosi, poi, a quanto dichiarato dall’On. Orlando in merito alle malattie professionali, ne ha augurato paradossalmente un aumento nella segnalazione dei casi, anche alla luce di tutta una serie di nuove patologie le cui ricadute, dal punto di vista della salute dei lavoratori, sono tutte da indagare. Attenendosi, poi, strettamente ai punti della relazione introduttiva, ha ribadito che il lavoratore non può essere ritenuto responsabile della sicurezza sul posto di lavoro e, tuttavia, solo attraverso la partecipazione dei lavoratori è possibile costruire sistemi di sicurezza che siano in grado di modificarsi col modificarsi dei rischi. La figura del rappresentante della sicurezza dei lavoratori va, quindi, riportata al centro del sistema; ad essa vanno attribuite prerogative e possibilità d’incidere che attualmente non ha. Spadafora si è anche dichiarato d’accordo sull’idea di derubricare l’orario di lavoro per quanto riguarda le attività ispettive, ma, alla richiesta di unificazione delle competenze degli enti ispettivi contenuta nella relazione introduttiva, ha dichiarato di preferirne l’integrazione e il coordinamento sul territorio, nel rispetto delle specificità delle competenze dei vari enti, dalla Commissione di Coordinamento prevista dalla legge. Sulla prevenzione, quindi, Spadafora ha concentrato la parte conclusiva del suo intervento: "…l’attività di prevenzione non può essere un mordi e fuggi, un qualcosa che si fa oggi e poi domani mattina si dimentica; è un’azione quotidiana di attenzione, disponibilità, studio, approfondimento, ricerca di rapporti. Se non si fa così non si riesce a far si che ci sia, da parte del lavoratore, la percezione del rischio…".
Aldo Di Napoli, del coordinamento nazionale RdB-CUB Pubblico Impiego, sottolineando il fatto che gli argomenti esposti nella relazione introduttiva di Paola Palmieri non possono considerarsi come la panacea per la risoluzione dei problemi relativi alla sicurezza, ha evidenziato le responsabilità di sindacati “compiacenti” e di certe lobby politiche nel sedimentarsi degli elementi che, nel tempo, hanno portato alla drammatica situazione attuale con la progressiva perdita di diritti da parte dei lavoratori. Di Napoli ha anche sottolineato il nesso che lega la precarizzazione del lavoro alla perdita di tutele sul versante della sicurezza in nome del profitto a tutti i costi: in sostanza l’evolversi (…o l’involversi) della normativa ha reso il lavoratore sempre più ricattabile sul piano concreto del lavoro. Vanno quindi, in qualche modo, riequilibrati i rapporti di forze mediante le leggi; va rivalutata la figura del rappresentante della sicurezza dei lavoratori attribuendole poteri e diritti, mentre il datore di lavoro deve essere obbligato a soddisfarne le eventuali richieste; vanno introdotti provvedimenti che riportino al centro il diritto dei lavoratori in termini di dignità, salario e sicurezza. Di Napoli ha concluso il suo intervento ribadendo la necessità che tutte le responsabilità relative alla sicurezza sui luoghi di lavoro ricadano, senza equivoci, esclusivamente sul datore di lavoro.
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(...segue)