Mercoledì 29 marzo i sindacati Fim, Fiom, Uilm, Fismic, Uglm e Aqcfr hanno raggiunto un accordo con Stellantis per aprire un contratto di espansione nello stabilimento di Atessa (ex Sevel). Più che chiamarlo di espansione andrebbe definito di contrazione dell’occupazione.
Pur comprendendo le ragioni di quei lavoratori che potranno uscire in anticipo dal lavoro 40ennale e massacrante delle catene di montaggio verso una pensione meritata, non possiamo non sottolineare che si tratta di un arretramento occupazionale: ci saranno circa 120 posti di lavoro in meno che vanno ad aggiungersi agli 8/900 persi con la mancata conferma dei lavoratori con contratti staff leasing e interinali, e ai 3/400 posti occupati da lavoratori in trasferta.
I 40 lavoratori che verranno assunti a tempo indeterminato da Fca Italy spa di Atessa sono presenti in azienda da anni e se non fosse per le legislazioni del lavoro degli ultimi 10 anni - mai contrastate se non a chiacchiere dai sindacati firmatari di questo accordo e non solo - sarebbero dovuti essere stabilizzati da tempo. Inoltre dallo stabilimento sono usciti centinaia e centinaia di lavoratori che hanno raggiungo o stanno raggiungendo il pensionamento, senza una loro sostituzione.
Cosa c’è di positivo in tutto questo? Cosa c’è da rallegrarsi se negli ultimi 2 anni lo stabilimento ha visto ridursi di circa il 20% i propri dipendenti? Troviamo tutto ciò preoccupante per il futuro del plant di Atessa che presumibilmente vedrà la perdita di altri posti di lavoro a causa della sempre maggiore meccanizzazione delle produzioni e del passaggio progressivo alla produzione di veicoli elettrici.
Al tavolo specifico per Stellantis, convocato dal ministro Urso il 14 febbraio, l’USB è stata l’unica organizzazione a porre il tema della riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario quale strumento imprescindibile per salvaguardare l’occupazione e per salvare il settore automotive italiano da una strage occupazionale, mentre gli altri sindacati si sono limitati ad invitare Stellantis a proseguire nel percorso tracciato con il piano “Dare Forward 2030”, gonfio di progetti ma con nessuna garanzia di piena occupazione.
Considerare soddisfacente il contratto di espansione perché riduce il bacino di contratti di somministrazione, è uno sputo in faccia a centinaia di lavoratori che dopo anni di sacrifici e duro lavoro si sono ritrovati fuori dall’azienda senza che le succitate organizzazioni sindacali abbiano fatto nulla per tutelarli.
Questo accordo è in linea con politiche aziendali e sindacali portate avanti negli anni producendo contrazione del potere di acquisto dei salari, aumenti di carichi di lavoro, cassa integrazione dilagante in molti stabilimenti italiani, perdita di migliaia di posti di lavoro (circa 7000 nei soli ultimi 2 anni), e ricavi crescenti per gli azionisti.
L’isola felice dello stabilimento di Atessa non c’è più e nei prossimi anni potrebbe subire un ulteriore ridimensionamento visto l’avviamento della produzione dei veicoli commerciali nello stabilimento polacco e l’annunciato progetto di produzione per quelli alimentati ad idrogeno in Francia.
L’USB, pur subendo un discriminante contratto che non le permette di accedere alle agibilità sindacali, non smetterà di lottare contro un modello fallimentare per i lavoratori e di urlare le verità celate dai proclami mass mediatici di quei sindacati che da tempo sono un limite alle giuste rivendicazioni dei dipendenti Stellantis.
USB Lavoro Privato - Settore Industria
Roma, 30/03/2023