L’USB Viterbo è al fianco del consigliere di Civita Castellana Yuri Cavalieri, ingiustamente attaccato per avere scritto sul proprio profilo Facebook la verità sulla repressione e sugli eccidi fascisti in Jugoslavia. Nonostante una certa propaganda, purtroppo anche istituzionale, tenda a strumentalizzare quanto accaduto in quei territori, nel rispetto di tutti i morti, l’USB ritiene fondamentale ricordare tutta la Storia, così come ha giustamente fatto Cavalieri. Peraltro la legge che ha istituito la Giornata del Ricordo fa anche esplicito riferimento “alla più complessa vicenda del Confine orientale” e, dunque, non solo ed esclusivamente al dramma delle Foibe e al successivo esodo giuliano-dalmata.
A partire dagli anni Venti del Novecento il fascismo iniziò a discriminare gli slavi. Il 20 settembre 1920 Mussolini pronunciò un discorso dal teatro di Pola in cui asseriva che:
«Di fronte a una razza come la slava, inferiore e barbara, non si deve seguire la politica che dà lo zuccherino, ma il bastone».
Le violenze fasciste fra il 1919 e il 1921 furono impressionanti e fra queste ricordiamo l’incendio del NARODNI DOM, Il 13 luglio del 1920, un albergo di 6 piani che ospitava le principali organizzazioni culturali slovene (sedi di giornali, circoli culturali, una banca). Il Narodni rappresentava il risveglio culturale sloveno.
L’istria, specie dopo la marcia su Roma, venne messa a ferro e fuoco e dalle terre annesse alla fine della Grande Guerra (territori a est di Trieste e Gorizia, la provincia di Fiume e l’enclave di Zara), le violenze fasciste costrinsero più di 80.000 fra sloveni, croati, ungheresi, tedeschi e anche italiani antifascisti ad andarsene.
Il fascismo intervenne nella pubblica amministrazione dei territori annessi rimuovendo tutti gli impiegati di origine slava, proibendo l’insegnamento della lingua slovena e croata, sostituita dall’italiano, allontanando gli insegnanti slavi, che perdettero il posto di lavoro.
Nel 1923 venne cambiata la toponomastica, cioè italianizzati i nomi delle località e delle strade e concessa ai prefetti la facoltà di sopprimere la stampa considerata ostile o non gradita.
Nel 1939 i fascisti della Venezia Giulia realizzarono un censimento segreto della popolazione dei territori annessi vent’anni prima: ci vivevano 607.000 persone, cioè 265.000 italiani e 342.000 slavi a cui erano state vietato l’uso della lingua, chiuse le scuole, cambiati i cognomi e proibite persino le iscrizioni nelle tombe.
Nell’aprile del 1941 l’Italia fascista, dopo l’insuccesso della campagna di Grecia, assieme alla Germania nazista, la Bulgaria e all’Ungheria, aggredì la Jugoslavia. In breve tempo l’Italia incorporò nel suo territorio vaste regioni della Slovenia e della Croazia, l’intero Montenegro e il Kossovo: un totale di 500.000 persone che si aggiunsero a quelle dei territori conquistati con la Prima guerra mondiale.
Da allora iniziarono le violenze ai civili, sollecitate dalle gerarchie militari, in particolare dal generale Roatta e dal prefetto Temistocle Testa, anche per stroncare la lotta partigiana di coloro che non si piegarono all’occupazione. Decine di villaggi furono incendiati, migliaia di persone fucilate, decine di migliaia deportate nei campi di concentramento, il più tristemente famoso nell’isola di Arbe, diretto dal tenente colonnello dei carabinieri Vincenzo Cuiuli, dove perirono per fame migliaia di donne, vecchi e bambini. Si calcola che di questi deportati persero la vita almeno 16.000.
Dall’ottobre del 1943 l’Istria, la Dalmazia, la Venezia Giulia furono occupate dai tedeschi, gli “alleati” dei fascisti di Salò, diventando la «Zona del Litorale Adriatico», sotto la diretta sovranità del III Reich. In questo territorio, a Trieste, fu istituito l’unico campo di sterminio, “Risiera di San Sabba”, dove furono trucidate 5.000 persone, in gran parte slavi.
Ma quanti furono complessivamente gli slavi uccisi a seguito dell’occupazione italiana? Secondo lo storico Predrag Matvejevic, scrittore di Mostar e docente all’Università “La Sapienza” di Roma, che non si può certo definire comunista, “Le camicie nere fasciste portarono a termine fucilazioni individuali e di massa. Fu falciata un'intera gioventù. I dati che provengono da fonti jugoslave fanno riferimento a circa 200.000 uccisi, particolarmente sulle coste e sulle isole. La cifra mi sembra che sia però ingrandita - ma anche se solo un quarto rispecchiasse la realtà, sarebbe già molto”. (da un articolo di P.M. del 2005, in occasione della Giornata del Ricordo). Infine, è sufficiente dare uno sguardo a Wikipedia sui morti della Seconda guerra mondiale e fare un confronto fra il numero delle vittime civili italiani con le slave per comprendere le sofferenze di quel popolo che la guerra non l’ha dichiarata a nessuno, ma l’ha subìta.
I corpi estratti dalle Foibe in Istria e a Kras sono finora circa 600, come ha scritto anche Yuri Cavalieri, basandosi sulle cifre fornite dallo storico triestino Galliano Fogar.
Si stima che altri italiani perirono nei campi di concentramento slavi o durante le marce forzate, cioè circa 5.000 (secondo lo storico di orientamento cattolico Raul Pupo) o 6.000 (a parere dello storico italiano Diego De Castro).
Oggi i media nazionali parlano di più di 50.000 morti, senza riportare alcuna fonte a supporto di questa cifra, come se accrescere il numero possa dare un maggior rispetto ai morti. Rispettare le vittime, tutte le vittime, come in molti oggi dicono, significa non dimenticare ciò che è realmente accaduto e da cosa è scaturita l’uccisione degli italiani in quei territori.
“Quello che successe nelle Foibe fu una vendetta”, scrive Cavalieri e se Ricordare è fondamentale affinché non accada mai più, lo stesso non vale per l’inventare.
Oggi la destra spera di ottenere maggiori consensi facendo propaganda sui morti, accomunando comunisti e fascisti e provando ad equiparare la Shoah alle Foibe, due tragedie, certo, ma di cui la prima immensamente più grande, che non ha paragoni anche per i modi in cui venne attuata.
L’USB, come sindacato di base antifascista, ribadisce come le responsabilità della Seconda guerra mondiale, e tutto ciò che ne è scaturito, siano dell’Italia fascista e della sua alleata Germania nazionalsocialista, che aveva trasformato l’Europa in un gigantesco obitorio.
Al contrario, sono stati l’Armata Rossa, gli Alleati, l’esercito di Tito (peraltro sostenuto anche dagli inglesi) e tutti i partigiani a liberare l’Europa e il mondo da quel male assoluto che fu il nazifascismo.
I veri negazionisti sono coloro che non conoscono la Storia.
Usb Viterbo
Elisa Bianchini