Mentre ancora abbiamo negli occhi e nella mente la splendida manifestazione di ieri a Roma ci raggiungono le notizie dell’attacco degli Usa all’Iran e della scelta ormai inequivocabile intrapresa dall’amministrazione statunitense, di concerto con il governo israeliano, di imporre con la forza un cambiamento degli equilibri mondiali. E’ un passaggio a suo modo storico, un punto di non ritorno che ci avvia verso esiti imprevedibili e drammatici.
Per questo il ringraziamento che vi inviamo per il lavoro svolto sia nella costruzione di uno sciopero non certo semplice da realizzare, sia per l’organizzazione delle iniziative che lo hanno accompagnato e sia per la partecipazione alla manifestazione di ieri a Roma, non può non essere accompagnato anche da una riflessione a caldo su come la situazione sia in rapida evoluzione.
Purtroppo, viene da dire, ancora una volta avevamo visto giusto. La chiarezza degli obiettivi della manifestazione di piazza Vittorio, che abbiamo voluto tenere ben salda, assieme alla coalizione Disarmiamoli, si manifesta in tutta la sua rilevanza proprio alla luce degli avvenimenti del giorno dopo. Nel mondo si prepara la guerra e il comportamento e le scelte del nostro governo avranno una ricaduta fondamentale per il nostro futuro. I rapporti con la Nato e con la Ue, i piani di riarmo, il ruolo dello stato terrorista di Israele, la conversione della nostra economia ad una economia di guerra non sono i temi dei prossimi mesi o anni, ma riguardano l’oggi e su questi non sono più accettabili balbettii. Se vogliamo provare a fermare questa maledetta spirale o quantomeno a mettere in protezione il nostro popolo, questi devono essere i nostri obiettivi.
L’impegno sindacale, cari compagni e compagne, è uno sforzo quotidiano incessante che pesa sulla vita di tutti noi. Per noi che viviamo il sindacato come una scelta per provare a combattere le ingiustizie del mondo questo sforzo è anche passione e ragione di vita, ma come non riconoscere che la fatica si fa sentire? La manifestazione di ieri, soprattutto per chi è venuto da più lontano, è stato un passaggio non facile anche se ripagato dalla piena riuscita della mobilitazione e dall’entusiasmo che si è respirato per le strade di Roma. Una manifestazione che ci dice, una volta di più, che l’azione sui posti di lavoro e la tutela quotidiana dei nostri non si può fare se non allarghiamo lo sguardo al contesto nel quale operiamo, se non teniamo ben saldo il nesso tra i salari che non crescono e il riarmo che stanno decidendo.
C’è un dato che crediamo in tanti si sia colto della giornata di ieri: l’emergere di un potenziale blocco sociale fatto di tanti giovani e giovanissimi, di lavoratori immigrati, di operai della logistica e di fabbrica, di settori popolari delle periferie delle città e di lavoratori dei servizi. Un blocco che fatica ancora a riconoscersi in modo compiuto ma che ieri ha fatto un passo in avanti, togliendosi di dosso il timore ad andare da soli, a contare sulle proprie forze, ad essere accusati di minoritarismo e settarismo. E’ una comunità che è stanca delle parole vuote e delle ambiguità, che non vuole più vedere le solite facce di gente pronta a tradire, che vuole parlar chiaro e che alle parole preferisce le azioni.
Di fronte ai terribili avveniimenti di stamane questa comunità, che ha davanti enormi potenzialità di crescita e di allargamento, costituisce la migliore speranza che abbiamo, forse l’unica, che sia ancora possibile cambiare il corso degli eventi.
Senza un attimo di respiro, compagni e compagne, avanti tutta!