Dunque, proprio come nelle passate repubbliche, alla vigilia di una elezione importante si materializzano benefici di varia natura per i lavoratori e i cittadini. Un moto spontaneo di liberalità volto a favorire un voto libero da condizionamenti. Questa volta si è deciso di utilizzare un bonus in busta paga spacciandolo per riduzione del carico fiscale che aumenterà a 100 euro gli 80 già stabiliti dal governo Renzi e ne estenderà proporzionalmente la fruizione ai redditi fino a 40.000 euro.
Un bell'annuncio, non c'è che dire. In un Paese in cui i salari sono tra i più bassi se confrontati con gli altri Paesi europei avanzati; in cui milioni di lavoratori poveri ricevono salari da fame e spesso addirittura sotto la soglia di sopravvivenza; in cui milioni di lavoratori sono impiegati in aziende prossime al default (160 i tavoli di crisi aziendali aperti al MISE); in cui milioni di lavoratori attendono il rinnovo dei contratti scaduti; in cui il prezzo delle tariffe e il caro-vita e il caro-casa non hanno freni; ebbene in questo Paese si opera per un aumento in busta paga di 20 euro (differenza da 80 a 100) per chi ha le retribuzioni più basse.
Ovviamente tale aumento sarà tutto a carico della fiscalità generale e in nessun modo deriverà dagli utili delle aziende e dei padroni, per i quali anche questa volta paga Pantalone. Saranno le entrate fiscali a diminuire e saranno quindi i servizi sociali, che con le entrate fiscali vengono alimentati, a vedersi diminuire le proprie disponibilità. E saranno ancora i soggetti privati, nel campo della scuola, della sanità, della previdenza eccetera a vedersi il campo spianato per intervenire e lucrarci sopra.
Fra essi anche quegli enti bilaterali promossi dalle imprese e da certi sindacati che gestiranno il welfare aziendale sostitutivo del welfare universale. Sarà per questo che si dicono davvero soddisfatti?