Guardando a Gaza e alla Cisgiordania con realismo non si può non rilevare che la “tregua” è una farsa al servizio dell’occidente e che non è mai iniziata davvero. I bombardamenti sionisti dell’altra notte sono solo l’ultimo episodio di una serie che ha prodotto circa 120 morti civili dall’inizio del presunto cessate il fuoco. Morti prontamente derubricati a vittime di scaramucce dalla nostra informazione e dalla politica.
È uno degli effetti della spirale crescente del bellicismo che sta infestando l’occidente e che si sta traducendo in un rilancio in grande stile dell’economia di guerra, come non si vedeva dai tempi dell’arciduca Francesco Ferdinando, che, dati alla mano, sarà alimentata soprattutto da tagli alla spesa sociale.
La legge di bilancio che sarà approvata entro il 2025 sarà una chiara cartina di tornasole di questo e il nostro sciopero generale del 28 novembre vuole attaccare dritto al cuore questa logica e dare vigore e prospettiva ai grandi movimenti di piazza che si sono aggregati sulla vicenda palestinese nelle scorse settimane. Lo strumento che abbiamo scelto di usare è una piattaforma sociale che, partendo dai salari, formula una serie di proposte utili al processo di riconversione del Paese da uno Stato di Guerra allo Stato Sociale.
Altro effetto della spirale bellicista è sicuramente la militarizzazione della società che non risparmia nessun ambito e che investe in particolare Scuola, Università e Ricerca.
Il convegno organizzato per il prossimo 4 novembre dal Cestes con la partecipazione dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, dal titolo “4 novembre. La scuola non si arruola. Contro la militarizzazione della cultura, contro il riarmo e le politiche di guerra, per sostenere la Palestina. Costruiamo l’alternativa” si pone l’obiettivo concreto di contrastare questa deriva e l’USB lo sta sostenendo in modo deciso.
A Milano, così come in altre città, la mobilitazione avrà una sua estensione pomeridiana per riaffermare anche in piazza la volontà di centinaia di migliaia di docenti e studenti, insieme a tutte le famiglie, le lavoratrici e i lavoratori e le cittadine e i cittadini, che nessuno è disposto a farsi soggiogare da questa logica e per ribadire ancora una volta la reale finalità dell’istruzione pubblica che non deve sfornare né lavoratori e lavoratrici acritici e sfruttabili né soldati, ma cittadini consapevoli.
L’appuntamento è alle ore 18 in Piazza Gaza (ex Piazza della Scala) sotto le finestre di Palazzo Marino, sede della Giunta Comunale della Milano che ancora oggi mantiene in vita il gemellaggio vergognoso con Tel Aviv, malgrado l’impegno ipocrita di interromperlo non appena israele avesse rotto la tregua. Ma Milano e il sionismo hanno legami forti e resistenti e la verità è che la Giunta di Beppe Sala, assieme alle opposizioni, farà di tutto per mantenere in vita questo gemellaggio e ogni altra relazione diplomatica e commerciale con l’entità sionista. Prova ne è il convegno “Omaggio a Rabin” organizzato da quell’ossimoro che risponde al nome di Sinistra per israele che si terrà al CAM Falcone e Borsellino proprio il 4 novembre. Concedere una sala comunale per un convegno organizzato da un’organizzazione politica a sostegno di Israele, quando centinaia di migliaia di persone attraversando le vie di MIlano hanno chiesto a gran voce al sindaco e alla sua giunta di interrompere ogni relazione con lo stato sionista, è un atto antidemocratico e irrispettoso sia della cittadinanza che degli stessi impegni assunti in Consiglio Comunale.
 Allora chiediamo a Sala: quanti altri innocenti devono essere trucidati dalla stato genocidario e terrorista di israele e quante altre centinaia di migliaia di cittadini devono scendere in piazza perchè finalmente Milano rompa definitivamente ogni rapporto con gli assassini sionisti?
 Il 4 novembre sarà anche l’occasione per chiedere conto di tutto questo, mentre immediatamente avanziamo la richiesta al sindaco, alla Giunta e al Consiglio Comunale di revocare la concessione del CAM a Sinistra per israele, almeno per riconoscere ai tanti cittadini scesi in piazza per la Palestina lo status di Cittadini e non quello di Sudditi.
 Noi non staremo zitti, né fermi.
 
               
					 
             
                     
                     
                     
                     
                 
                 
                     
                     
                     
						 
						 
						 
						