Sono stati da poco pubblicati dal Ministero dell’Interno i dati relativi alle richieste ed ai provvedimenti di sfratto emessi nel 2023, oltre che alle esecuzioni dello stesso anno. I dati mostrano numeri totali preoccupanti, nonostante il calo percentuale in quasi tutte le province. Gli sfratti eseguiti con l’Ufficiale Giudiziario sono stati 21.345, a fronte delle 73.809 richieste emesse nello stesso anno. Ricordiamo che i due dati non sono necessariamente in relazione diretta, ma la percentuale delle esecuzioni sulle richieste, anche se in calo, rimane alta (28,9%). La stessa percentuale, nell’anno dei record degli sfratti (il 2016) era del 21% circa. Si emettono meno provvedimento ma in relazione ad essi si sfratta di più. La Capitale dei provvedimenti (5.081), delle richieste 4.447) e delle esecuzioni rimane Roma (2.058). Nella Capitale vengono eseguiti in media 5,6 sfratti al giorno, domeniche e festivi inclusi. Anche nel 2023 merita una menzione speciale Mantova cui, stando ai dati, spetta il primato delle richieste di esecuzioni pro-capite emesse (4.305).
Le regioni che fano segnare il segno più sono 3: la Lombardia con un +13,73%, le Marche con +11,81% e infine il Molise +6,54%. Fra i motivi di sfratti rimane prevalente la morosità anche se in alcuni territori la finita locazione inizia ad avere un peso più consistente. Ciò impatta sui dati aggregati rispetto al 2022, sia in termini assoluti (+17%) che percentuali: su 30.702 provvedimenti ben 6.440 sono per finita locazione (21% circa). Nel 2022 il rapporto era 5.508 su 33.522 (16,5% circa). Si può tranquillamente dire che la finita locazione sia in veloce aumento come causa di sfratto e crediamo che i motivi siano da ricercare nella proliferazione delle piattaforme, nell’aggressività dei processi gentrificazione e turistificazione e nel mancato controllo pubblico dei canoni stessi.
Si confermano infine differenze nei territori, fra capoluogo e provincia, per numero o tipologia di provvedimento. Ci sono città ove non sono emessi provvedimenti a fronte delle centinaia emessi nella stessa provincia o tipologia di sfratti (come la necessità del locatore) tipiche di alcune province rispetto al capoluogo (dove rimane preminente la morosità).
D’altronde l’Istat certifica un leggero calo delle famiglie che vivono in affitto (19,4% nel 2023, 19,6% nel 2022) ma al contempo le registrazioni dei contratti di locazione sarebbero aumentate, dato che può essere letto come un aumento di alcune tipologie di contratto che necessitano di più registrazioni o come discrepanza fra dati statistici e dati puntuali.
Rimane invariata la nostra analisi sulla situazione abitativa nel paese. I numeri sulle esecuzioni vanno letti assieme ai dati pubblicati sull’incidenza delle spese legate all’abitare sulla capacità di acquisto delle famiglie e sui salari. In quella prospettiva la necessità di una nuova legge sui canoni che agganci il valore degli affitti al reddito reale delle famiglie assume caratteri di urgenza. La legge numero 431 del 1998 ha ormai decine e decine di studi e report che ne certificano il fallimento. Una norma che preveda anche le eventuali flessioni dei redditi delle famiglie, vista il carattere sempre più precario del lavoro, che disegni una nuove fiscalità volta a finanziare i programmi di Edilizia Pubblica, ormai non più rimandabili.
Asia-Usb