IMPRESE E POLITICI A BRACCETTO PER FREGARE LO STATO
Nella tragedia della pandemia da Covid-19, con gli oltre 35.000 morti ufficiali in Italia e 279.000 nel mondo, con le fosse comuni in Brasile ed in altri paesi, con le bare portate via dai camion dell’Esercito a Bergamo, non poteva mancare la farsa italiana di chi anche in questa occasione ha tentato di frodare lo Stato incassando un sussidio che non gli spettava.
L’INPS è riuscito a smascherare le imprese che hanno chiesto la cassa integrazione per interruzione di attività causa Covid mentre invece continuavano ad operare e ad impiegare i propri dipendenti.
E’ emerso poi il caso dei lavoratori autonomi che non avevano diritto al sussidio e che hanno tentato d’incassarlo lo stesso, magari protestando per i ritardi nella liquidazione della prestazione.
Ora la direzione centrale antifrode dell’INPS fa emergere quello che a tutti gli effetti è il lato più disgustoso dei tentativi di frode legati al Covid: cinque parlamentari e duemila tra assessori regionali, consiglieri, sindaci e governatori, hanno chiesto il bonus di 600 e 1.000 euro previsto dai decreti Cura Italia e Rilancio.
In queste ore si fa un gran parlare in merito all’opportunità o meno di rendere pubblici i nomi di quei politici, invocando il rispetto della privacy. Troviamo il dibattito assurdo. Non vogliamo conoscere solo i partiti di appartenenza ma anche i nomi e cognomi di quei politici che hanno tentato d’incassare un sussidio riservato a chi aveva dovuto interrompere l’attività a causa dell’emergenza sanitaria, mostrando quanto siano sensibili alla corruzione. Va fatta immediata pulizia e tutti i responsabili devono dimettersi dai rispettivi incarichi.
Chi ha tentato di frodare l’INPS, e quindi lo Stato, va anche perseguito penalmente. Si dia un segnale esemplare.
USB Pubblico Impiego - INPS