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Sicurezza // Editoriali

La crociata di Salvini contro il diritto di sciopero non si ferma neanche davanti alla strage di Corigliano Rossano. Serve disobbedire, a partire dal 15 dicembre

Roma,

I cadaveri del capo treno Maria Pansini e dell’autista Hannaqui Said, probabilmente deceduto perché fino all’ultimo è rimasto sul camion nel tentativo di rimettere in moto il mezzo per evitare l’incidente, che si trovavano ancora sui binari di Corigliano Rossano, oltre ai feriti tuttora in ospedale, non hanno impedito al Ministro dei Trasporti di continuare in modo assolutamente inopportuno la sua crociata contro il diritto di sciopero in Italia. Questa volta Salvini ha denunciato i disagi dei passeggeri in occasione degli scioperi dei ferrovieri, indetti dopo gli avvenimenti di Corigliano Rossano per gravi motivi di sicurezza così come previsto dalla stessa legge anti-sciopero del 1990.

Sarebbe bastato al Ministro ricordare che la questione dei problemi legati alla palese insufficienza dei sistemi di allarme dei troppi passaggi a livello, ancora presenti lungo le linee ferroviarie, è stata da anni denunciata presso il suo dicastero e l’Ansfisa, dalla nostra Organizzazione Sindacale insieme a tutte le altre, senza che nessuno alzasse un dito.

Sarebbe bastato segnalare al Ministro, che un tempo voleva bloccare per tre giorni l’Italia, che questi sistemi costano poche decine di migliaia di euro, mentre la vita dei lavoratori e dei passeggeri vale infinitamente di più di questi soldi miserabili, anche rispetto alcuni progetti faraonici verso i quali, invece, non si lesinano miliardi di euro già a partire dai progetti.

Sarebbe stato sufficiente riflettere sul fatto che, solo da poche settimane, hanno tolto la calce che ricopriva il sangue dei cinque operai uccisi lungo i binari di Brandizzo mentre facevano solo il loro mestiere, spinti dai ritmi forsennati imposti nella manutenzione dei binari.

Ma nonostante tutto questo, il ministro che è anche vice premier, oltre che segretario di un partito di maggioranza, non solo non ha fatto la minima autocritica, per non parlare di dimissioni, ma neanche ha avviato un’indagine interna al suo dicastero e alle dirigenze del Gruppo pubblico FSI sulle evidenti imperizie e omissioni. La sua attenzione è stata dedita ai disagi dei poveri è passeggeri, vittime innocenti dei ferrovieri cattivi.

I ferrovieri, invece, queste cose non le possono e non le vogliono dimenticare: non vogliono solo piangere gli ennesimi loro morti e non sanno cosa farsene del cordoglio ipocrita delle Istituzioni. Hanno giustamente esercitato il loro sacrosanto diritto di scioperare a tutela sicurezza, loro e dei passeggeri, in deroga ai molteplici vincoli così come la stessa legge prevede esplicitamente in queste occasioni al comma 7 dell’art.2; hanno chiesto, in questo modo, che questa infinita strage non certo accidentale cessi una volta per tutte.

USB si schiera fermamente con loro: vorremmo sapere chi oggi, dopo tutto quanto capitato negli ultimi mesi, possa mettere in dubbio la legittimità di questa reazione come peraltro non ha neanche fatto la stessa Commissione di Garanzia.

Solo una settimana fa, lo stesso Ministro ha precettato una giornata di sciopero nazionale del trasporto pubblico locale, regolarmente indetto 45 giorni prima e sul quale la Commissione di Garanzia non aveva sollevato il benché minimo rilievo, alzando la questione della difesa salvaguardia di un diritto previsto dalla Carta Costituzionale donataci dalla resistenza antifascista e antinazista.

È ormai chiaro come Salvini sia già in piena campagna elettorale per le Europee e che la crociata contro il diritto di sciopero, rivolta verso il mondo imprenditoriale e verso la pancia più retriva di un Paese che ha smarrito il senso di solidarietà, sia uno dei temi sul quale spingere senza fermarsi neanche davanti a una strage come quella occorsa in Calabria appena poche ore prima.

Noi siamo convinti che questo attacco vada respinto con tutti gli strumenti a nostra disposizione: il 15 dicembre è stato riposizionato lo sciopero del trasporto pubblico inizialmente previsto per il 27 novembre e illegittimamente precettato da Salvini, il quale ha già annunciato che “lui” lo sciopero di 24 ore non lo può permettere.

Sappiamo che dalla sua parte giocano le pesantissime sanzioni previste per i lavoratori e per le Organizzazioni che disobbediscono a un’ordinanza del Ministro, anche se palesemente illegittima e anticostituzionale.  Ma la posta in gioco è troppo alta per non verificare tutti gli spazi di disubbidienza, fatto per noi ormai ineluttabile di fronte a questo tipo di attacco, e i costi che dovremo sopportare per difendere i principi e i valori sui quali si fonda la nostra Repubblica.

Poche decine di migliaia di euro di investimento su quel passaggio a livello avrebbero salvato la vita a Maria e Hannaqui e questo noi non lo possiamo dimenticare. Non è detto che il diritto di sciopero valga di meno per tutti noi.

USB, inoltre, è impegnata nella raccolta firme per introdurre il reato di omicidio sul lavoro, una forma di deterrenza che a nostro avviso potrebbe mettere fine alla strage di lavoratori e lavoratrici in corso nel paese: tutte le info su leggeomicidiosullavoro.it

 

Unione Sindacale di Base