Con la firma del catastrofico accordo nazionale di settore del 10 gennaio Cgil, Cisl, Uil, Orsa, Ugl e Fast, sono riusciti nell’impresa di innescare la magnifica esplosione della lotta operaia nelle ferrovie italiane: qualcosa di buono sono riusciti a combinare dunque, anche se come effetto collaterale di un’infame azione.
Oggi siamo nel pieno di un reale movimento dei lavoratori che contestando il contenuto dell’accordo sta contemporaneamente delegittimando, esplicitamente, i sindacati firmatari a cui gli stessi lavoratori avevano finora conferito delega per la tutela dei loro interessi.
Una presa di coscienza istantanea che ha portato nel giro di pochi giorni alla costituzione di istanze autorganizzate di dibattito e decisione che hanno consentito la grandiosa partecipazione agli scioperi del 12 febbraio e del 13 marzo scorsi (con la scesa su Roma dei 500 elmetti gialli) da noi proclamati insieme alla costituita Assemblea Nazionale dei Lavoratori Manutenzione RFI e a Cobas.
Una mobilitazione sicuramente inaspettata dai firmatari dell’accordaccio e che altrettanto e più sicuramente ha scompaginato il fraudolento piano di far passare sulla testa dei lavoratori interessati l’attacco finale alle loro condizioni di lavoro e di vita, favorendo l’ambito e storico piano padronale sulla manutenzione infrastrutture di RFI di smantellare definitivamente l’impianto contrattuale dei ferrovieri per renderlo così pienamente assimilabile nelle categorie merceologiche delle imprese private oggi operanti nel settore, imponendo una visione di banalizzazione della professionalità ferroviaria e prefigurando il consolidamento di una prospettiva di involuzione delle tutele per la salute, la sicurezza e la dignità economico-professionale di tutti i lavoratori del settorestesso.
Malgrado i segni nefasti di tali visioni siano già incisi sulle rotaie di Brandizzo, di Pioltello, e delle migliaia di chilometri di binario su cui RFI appalta da anni la quasi totalità della manutenzione, e fa (e farà) circolare nei prossimi anni un miliardo di euro al mese tra investimenti ordinari e conto PNRR.
Dunque di fronte abbiamo i corni del problema:
impedire la messa a terra dell’accordo nazionale di settore del 10 gennaio;
scardinare il sistema autoreferenziale delle cosiddette relazioni industriali nelle aziende manutenzione infrastrutture di RFI.
Per il primo: abbiamo già detto della grande potenza di protesta espressa dai lavoratori e del potenziale di consolidamento di questa facoltà acquisita che ha di fatto interdetto i firmatari nella prosecuzione dello stesso piano 10 gennaio, come ben si deduce dalle successive informazioni sulla chisura dei negoziati nelle varie DOIT.
Dovessimo per malaugurata sorte venir smentiti da improvvide sortite firmatarie, sulla scia delle azioni dimostrative di Reggio Calabria e Cagliari, dove la paventata possibilità di azione unilaterale dell’azienda ha “convinto” le OOSS regionali e le RSU delle due DOIT a firmare qull’obrorio di accordi nelle scorse settimane, ignorando come i muli le incitazioni della base a non farlo, resta fresca la rivendicazione di decadenza delle RSU stesse in tutte le DOIT, ai sensi dell’accordo del 2015 per il rinnovo delle Rappresentanze Sindacali Unitarie dei lavoratori.
E la nostra diffida a RFI dallo stipulare accordi in violazione delle normative vigenti in tema di contrattazione di secondo livello di cui al III capitolo dell’accordo interconfederale 10 gennaio 2014, favorendo allo stesso tempo, i firmatari tutti, un immediato rinnovo delle stesse rappresentanze dei lavoratori prima di riavviare qualsiasi istanza di contrattazione territoriale.
Resta tuttavia, come residuo di questo primo corno del problema, lo spettro della minaccia di RFI (rilanciato tra i lavoratori soprattutto dallo zoccolo duro dei sindacati firmatari) di imporre variazioni unilaterali dell’articolazione delle prestazioni: e su ciò occorre un punto di chiarezza.
Chiediamo per tanto ai sindacati firmatari di farci capire, e far capire a tutti i lavoratori interessati:
quando rilanciano la minaccia aziendale di azione unilaterale, su quale perimetro normativo la collocano?
- Su quello contrattuale? Ovvero sulle quattro tipologie di articolazione delle prestazioni di cui al punto 1.6 CCNL Mobilità…?
Se si: quale dei tre restanti tipi di prestazione lì definiti potrebbe essere imposto ai lavoratori del settore in alternativa alla prestazione unica giornaliera di cui alla lettera d) dello stesso punto, e da centocinquanta anni tipica del settore stesso?
- Su quello potenzialmente instaurato con la proditoria firma dell’accordo nazionale di settore del 10 gennaio?
Fermo restando che non ci aspettiamo risposte dirette a queste domande, resta anche la necessità di garant-
ire a tutti i lavoratori in lotta la certezza che rispetto ai due suddetti perimetri venga annullata ogni possibilità di azione aziendale sul secondo: cioè di azione unilaterale nel perimetro normativo dopo 10 gennaio. Ciò significa che la parola d’ordine dei lavoratori
“RITIRARE LE FIRME DALL’ACCORDO NAZIONALE DI SETTORE DEL 10 GENNAIO 2024”
diventa a questo punto un’istanza imperativa per i firmatari tutti:
imposta unilateralmente dai lavoratori in lotta per la tutela diretta dei loro interessi e la rivendicazione di migliori condizioni di vita e di lavoro.
E siamo al secondo corno: la vicenda della firma di questo catastrofico accordo nazionale pone all’ordine
del giorno della lotta la questione più generale della democrazia sindacale.
L’arroganza dei firmatari nella gestione di una trattativa i cui contenuti nefandi sono stati costantemente mistificati e mai sottoposti a un’effettivo consenso dei lavoratori interessati, prima della firma, se da una parte trova sponda di legittimità formale nel conferimento delle deleghe degli stessi lavoratori a quelle OOSS, dall’altra risulta democraticamente inaccettabile: considerati il reiterato disinteresse e spregio per il clamoroso dissenso dei lavoratori verso quella scelta e la resistenza di questi signorotti della rappresentanza a prendere atto dell’impellenza del rinnovo di vere Rappresentanze Unitarie dei Lavoratori in grado di esprimere un’effettiva funzione di tutela degli interessi dei lavoratori stessi.
Noi nel frattempo:
- produrremo ogni appoggio necessario alla conduzione della battaglia dei lavoratori contro il 10 gennaio e la sua logica di ultra deregolamentazione contrattuale;
- promuoveremo e sosterremo tutte le necessarie ulteriori azioni di sciopero già a partire dalle prossime settimane;
- rilanceremo l’indicazione della decadenza delle RSU/RLS e sulla necessità di indizione immediata del rinnovo di queste fondamentali espressioni della democrazia sindacale e della garanzia di reale tutela dei primari interessi dei lavoratori.
Agli attuali nostri e dei lavoratori avversari ricordiamo un motto a noi caro:
AUMENTA LA CRISI AUMENTA LA LOTTA!