La legge 33 del 2023 sancisce l’espulsione dal sistema sanitario pubblico dei malati cronici non autosufficienti con la trappola dell’assistenza socio sanitaria. È la fine dell’universalità del diritto alla salute, all’assistenza e l’affermazione della mercificazione dell’assistenza sanitaria e della dignità delle persone che ne usufruiscono.
Dopo anni di gestazione da parte dei governi è giunta a conclusione la più squallida operazione possibile, l’abbandono dei malati cronici non autosufficienti al mercato privato e all’inefficace ruolo di regioni e comuni, il cui massimo impegno è l’appalto dell’assistenza.
Nel nuovo modello di sistema sanitario che va delineandosi si assiste ad una progressiva contrazione della rete ospedaliera ormai in mano alle università, ad un’inesistente medicina del territorio fatta a risparmio e ad un privato speculativo sempre più aggressivo. La riduzione della spesa sanitaria passa attraverso la riduzione delle prestazioni con il taglio dei finanziamenti e la chiusura di ospedali e reparti e attraverso la contrazione della domanda di assistenza sanitaria. Poiché quest’ultima non è comprimibile si decide di espellere dal servizio sanitario pubblico milioni di utenti gettandoli nelle braccia delle famiglie e del mercato privato della sanità.
Con l’attivazione del cosiddetto welfare aziendale si reintroduce di fatto il sistema delle mutue, si portano i lavoratori attivi fuori dal sistema sanitario pubblico con convenzioni con assicurazioni e privato, si introduce il principio per cui il diritto all’assistenza sanitaria è direttamente legato alla tua condizione produttiva. Chi non lavora non ha diritto alla salute. Come se non bastasse il welfare delle singole aziende tende a fare sistema sostituendosi al pubblico anche fuori dall’ambito aziendale.
La scelta dell’esclusione dei pazienti non autosufficienti è chiaramente sistemica, tanto che si prevede il SERVIZIO NAZIONALE ASSISTENZA ANZIANI (SNAA) che costruisce un impianto di servizi gestiti da regioni e comuni al limite delle risorse. Uscire dal sistema sanitario significa perdere il diritto garantito dalla costituzione e accontentarsi di quello che si può avere con il limite dell’esiguità delle risorse disponibili per l’assistenza, che non è la stessa cosa del servizio sanitario universale. Tutto questo in un prossimo regime di autonomia differenziata significa fare della diseguaglianza il sistema di misura dell’intervento sociale. Dall’assistenza alla beneficienza?
Inoltre, per l’accesso ai servizi, proprio per le risorse limitate si ricorrerà al famigerato ISEE scatenando una competizione tra cittadini e orientando l’intervento verso un vero e proprio welfare dei poveri. Il finanziamento di tutto ciò passa per il “riordino” dei bonus e dei sussidi finora erogati sostituendoli con un assegno unico da portare girare ai privati inevitabilmente. Ci chiedono di autofinanziare l’espulsione dal sistema sanitario nazionale.
L’iter di approvazione parlamentare dei decreti attuativi della legge 33 sarà molto rapido perché la realizzazione di questo progetto è inserito nel PNRR e deve concludersi nella primavera del 2024 con invarianza di spesa. Il percorso dei decreti delegati deve diventare il calendario di lotta di chi si oppone a questo scempio. Il nostro è un invito a costruire momenti di unità nella mobilitazione e nella diffusione delle informazioni.
Per noi la soluzione per garantire l’assistenza ai pazienti cronici non autosufficienti e ai pazienti anziani acuti è la creazione di un’area di medicina e sanità per fascia di età capace di garantire interventi sanitari acuti e continuità territorio. Il dipartimento dell’anziano nell’ambito delle aziende sanitarie è un’esigenza irrimandabile per evitare la discriminazione subita nell’ambito della pandemia e delle attuali strutture sanitarie ospedaliere e territoriali.
Gruppo di Lavoro Sanità USB Pensionati