La nomina di Luigi Sbarra, già segretario generale della Cisl, a sottosegretario per la Presidenza del Consiglio per il Sud non è solo una evidente ricompensa da parte del Governo più reazionario della storia del nostro paese ad un sindacato amico, ma anche una nuova tappa dell’ormai inarrestabile deriva neo corporativa del sindacalismo confederale tradizionale.
Che la Cisl sia schierata a difesa del Governo Meloni non sorprende nessuno: la firma con il codazzo dei sindacati pseudo autonomi del contratto nazionale del comparto Funzioni Centrali nel Pubblico Impiego, arrivata rompendo la tanto sbandierata unità della triplice confederale e sancendo una perdita secca del 10 percento del potere d'acquisto delle retribuzioni, sta a testimoniarlo.
Come lo dimostra la recente legge sulla partecipazione dei lavoratori agli utili aziendali voluta fortemente proprio dalla Cisl.
Come lo dimostra l'appoggio della Cisl alla linea astensionista del governo sui referendum di inizio giugno. Sorvoliamo poi su come un sottosegretario nominato con queste logiche possa avere una funzione positiva per il Sud del Paese, che avrebbe bisogno di ben altro che nuove logiche clientelari.
In questo contesto in cui la CISL diviene di fatto sindacato di Stato e sancisce la rottura dell'unità sindacale con CGIL e Uil e con essa la fine di un modello contrattuale orientato alla moderazione salariale, si rafforza la necessità dell'unica opzione sindacale alternativa: contro le politiche belliciste del Governo e la folle corsa al riarmo a scapito dei salari e dello Stato sociale.
Un progetto che passa anche attraverso lo sciopero generale del prossimo 20 giugno e la manifestazione nazionale del giorno successivo, alle ore 14:00 a Piazza Vittorio: per dire no al riarmo, per la fine del genocidio in Palestina, per salari dignitosi per tutte e tutti.
Unione Sindacale di Base