Con una lettera-denuncia al ministro Renato Brunetta, si è dimesso uno dei 5 membri della Commissione Indipendente per la Valutazione, la Trasparenza e l’Integrità delle Amministrazioni Pubbliche (CIVIT), una delle persone che hanno un ruolo di primo piano nell’attuazione della riforma.
Sotto accusa è l’impianto della riforma costruita sui cardini della performance e della valutazione dove i poteri della Commissione – finita nella bufera quando il presidente Antonio Martone, anche se non indagato, è rimasto coinvolto nell’inchiesta sull’eolico e la nuova P3 –, impongono l’indirizzo, il coordinamento e sovrintende alle valutazioni dei dipendenti pubblici e a garantire la trasparenza delle Amministrazioni.
Si evidenzia come la Commissione non ha potere ispettivo né sanzionatorio e, a quanto ad indipendenza poi, è solo sulla carta poiché le ingerenze della politica sono fortissime.
Infatti, il Governo si riserva ogni potere di determinare nomine, compensi e ambiti di operatività della Commissione stessa, trattando la CiVIT come parte del proprio staff.
Basti pensare che, con un budget di 8 milioni di euro l’anno, la metà va a progetti vagliati da Brunetta e dal ministero Tremonti.
E lo stesso vale per gli Organi Indipendenti di Valutazione recentemente costituiti presso molte Amministrazioni quali la Difesa.
Per rendere la Pubblica Amministrazione più efficiente e competitiva bisognerebbe risolvere i problemi a livello organizzativo e di sistema, puntando sulla creazione di valore pubblico e sulla valutazione degli impatti dell’azione amministrativa, dove il vero interesse dei cittadini e delle imprese è la qualità dei servizi.
La riforma Brunetta non affronta minimamente questi aspetti ma bensì scarica tutte le responsabilità sui dipendenti “fannulloni”, individuando il vero fulcro dell’azione nella sanzione al dipendente.
Inoltre, se la riforma fosse davvero una priorità, come spiegarsi l’auto-esclusione sia della Presidenza del Consiglio che del Ministero dell’Economia e delle Finanze dal sistema di valutazione?
L’azione delle USB Difesa è indirizzata alla sospensione delle Direttive ministeriali concernenti i sistemi di misurazione e valutazione della performance dei dipendenti per l’inefficienza e l’inapplicabilità che, in una palude di adempimenti burocratici, appesantisce le amministrazioni invece che renderle più funzionali.