L’omicidio di Luana d’Orazio, straziata a 22 anni da un macchinario tessile come nell’800, ha temporaneamente squarciato il velo nell’opinione pubblica su quali siano le condizioni reali del lavoro oggi.
Non cadiamo però nell’indignazione di comodo di alcune sindacati né tantomeno nelle parole di vicinanza di Istituzioni e associazioni di categoria, sono tutti complici di questo e di tutti gli altri omicidi nel momento in cui rimangono silenti di fronte agli abusi continui da parte delle aziende e dei datori di lavoro. Dalla strage di 12 braccianti nel foggiano in appena 24 ore, USB Viterbo è sempre scesa in piazza per commemorare i lavoratori e sensibilizzare sul tema, nonostante gli inviti ad enti e istituzioni, mai nessuno ha partecipato.
I morti di lavoro non sono tutti giovani e belli, ma sono tutti vittima del sistema di sfruttamento a cui sono sottoposti.
In Italia, i lavoratori uccisi sono in media tre al giorno, mentre gli infortuni, spesso con esiti gravissimi e invalidanti per tutta la vita superano i 650 mila l’anno. Nessuno di questi è provocato da disattenzione o dalla casualità che un incidente possa accadere, sono tutti la conseguenza diretta delle condizioni di lavoro.
Pesa innanzitutto la sproporzione fra i carichi di lavoro e la capacità umana di sopportarlo, non dimentichiamo mai i braccianti che stramazzano al suolo stremati dopo 10 ore di lavoro sotto il sole o i commessi, stritolati nelle loro auto, mentre tentato di tornare a casa dopo l’ennesimo straordinario non riconosciuto.
Nelle fabbriche, i macchinari sono vecchi e pericolosi, mai sottoposti al dovuto adeguamento. Gli impianti di sicurezza, studiati appositamente per impedire che gli operai vengano risucchiati o travolti, non sono messi in funzione perché rallenterebbero il ritmo produttivo.
Ogni tanto, quando il lavoratore è giovane o è genitore da poco, assistiamo alle lacrime di comodo del politico di turno che poi fa finta di ignorare che il 35% del Pil nazionale proviene proprio dall’economica sommersa, fatta di lavoro grigio, con contratti precari a pochissime ore settimanali o completamente in nero, in cui non esistono diritti. Il cappio del licenziamento o del mancato rinnovo stritola tutti i lavoratori che chiedono il rispetto della normativa. Perché una normativa su salute e sicurezza esiste, emanata nel 2008 invece del ‘79, un’attesa di trent’anni per una legislazione fra le migliori in Europa che però non viene applicata. Mancano infatti i sistemi di controllo e sanzionamento, un’azienda ha una probabilità ogni vent’anni di subire un’ispezione, grazie al continuo svuotamento degli enti di controllo.
In base alle dichiarazioni dell'Ispettorato del lavoro di Viterbo, nonostante le aziende controllate siano un campione vi è un tasso di irregolarità altissimo. Nel settore edilizio, solo per fare un esempio, il 98% delle ditte non rispetta la normativa.
Molti datori si sono addirittura rifiutati di fornire la documentazione richiesta, questo esprime bene quale sia la paura delle aziende di subire sanzioni o chiusure in caso di abusi.
Del resto, gli ispettori della Asl sono solo 2 mila (rispetto ai 5 mila del 2009), quelli Inail appena 246, costretti anche a pagare la benzina delle auto per raggiungere i luoghi di lavoro, lo Stato rimborsa solo i mezzi pubblici. Ci immaginiamo l’Ispettore tentare di raggiungere un’isolato appezzamento agricolo di centinaia di ettari in pullman, certo potrebbe tentare la bicicletta come fanno i braccianti.
Nessun governo si è attivato in proposito o ha varato un programma di bonifica delle economie sommerse, che comportano anche evasione fiscale e contributiva. Sappiamo che l’Italia è il Paese che ha in proporzione agli abitanti più forze dell’ordine, eppure questo personale non viene impiegato né qualificato per il controllo sulla sicurezza e la regolarità del lavoro.
I partiti hanno paura di mettersi contro l’economia sommersa, che porta loro circa 10 milioni di voti, ma i lavoratori NO e siamo pronti a lottare perché il lavoro, così come recita la Costituzione, è espressione di se stessi, riscatto e produzione di ricchezza per la collettività, mai morte. Per questo USB Viterbo, con le testimonianze e l'aiuto dei lavoratori, ha pubblicato due inchieste sul mondo del lavoro, in particolare analizzando la catena del valore, commercio e agricoltura.
Vogliamo:
-l’introduzione del reato di omicidio sul lavoro,
-il potenziamento dei Rappresentati per La Sicurezza, che devono essere slegati dalle logiche di interesse di alcuni sindacati,
La lotta ha inizio e non ci fermeremo.
Usb Viterbo
Luca Paolocci