Icona Facebook Icona Twitter Icona Instagram Icona Telegram Icona Youtube Icona Rss

Veneto Sicurezza Lavoro >

PFAS – RICHIESTA STUDIO INCIDENZA NEL C.N.VV.F.

Padova,

 

A: Ministro dell’Interno

Pref. Matteo PIANTEDOSI

 

Al Sottosegretario di Stato all’Interno con delega ai Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile

On. Emanuele PRISCO

 

Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile

Capo Dipartimento Prefetto Renato FRANCESCHELLI

 

Capo del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco

Vice Capo Dipartimento Vicerio

Ing. Carlo DALL’OPPIO

 

Al responsabile dell’Ufficio Relazioni Sindacali

Dott.ssa Renata CASTRUCCI

 

e, p.c.

 

Direzione Interregionale Veneto e T.A.A.

Ing. Loris MUNARO

 

Ai Comandi Provinciali del Veneto

Venezia, Treviso, Belluno, Verona, Vicenza, Padova, Rovigo

 

 

 

 

OGGETTO: PFAS – Richiesta studio incidenza nel C.N.VV.F.

 

 

La sigla indica Sostanze Perfluoro Alchiliche (acidi perfluoroacrilici): è una famiglia di composti chimici utilizzata prevalentemente in campo industriale. Sono catene alchiliche idrofobiche fluorurate: in estrema sintesi, sono acidi molto forti usati in forma liquida, con una struttura chimica che conferisce loro una particolare stabilità termica e li rende resistenti ai principali processi naturali di degradazione.

Le classi di PFAS più diffuse sono il PFOA (acido perfluoroottanoico) e il PFOS (perfluorottanosulfonato): quest'ultimo è usato per esempio nelle schiume antincendio. PFOA e PFOS (8 atomi di carbonio) hanno un'elevata persistenza nell'ambiente (oltre 5 anni), mentre altri PFAS a catena corta (4-6 atomi di carbonio) hanno una persistenza ridotta, misurabile in qualche decina di giorni.

I Pfas, ad alte concentrazioni sono tossici per tutti gli organismi viventi. Possono compromettere gli ecosistemi in cui si trovano mettendo a rischio flora e fauna. Per quanto riguarda l'uomo, invece: secondo uno studio condotto dall'Università di Oxford questi acidi alterano i processi ormonali nel nostro organismo, con pesanti conseguenze sullo sviluppo, sul comportamento e sulla fertilità. Amplificano il rischio di malattie come obesità e diabete di tipo due, ipertensione, colesterolo e sono considerate sostanze altamente cancerogene. Queste conseguenze però non si vedono nell'immediato, agiscono in modo silenzioso e lento e, spesso, si manifestano a distanza di anni dall'esposizione.

Quello sui Pfas è un allarme ignorato da più di 15 anni. L'attenzione sul tema è emersa con il caso del Veneto circa 13 anni fa, che ha subito il più grave inquinamento delle acque nella storia a causa degli sversamenti tossici di un'industria chimica ormai fallita che si trovava in provincia di Vicenza e che è stata responsabile del 97% dei 5kg di PFAS che sono stati versati nel bacino Agno-Fratta Gorzone, da cui si riforniscono gli acquedotti che raggiungono ben 21 comuni.

Da quando sono state rilevate concentrazioni particolarmente elevate nel sangue della popolazione di alcuni comuni del vicentino, i PFAS sono diventati tristemente famosi. Già nel 2007 uno studio (poi pubblicato sulla rivista Analytical and Bioanalytical Chemistry) aveva rilevato l'elevata presenza di PFAS nel nord Italia. Nel 2013, poi, uno studio del CNR aveva individuato nei comuni compresi tra Padova, Vicenza e Verona elevate concentrazioni di queste sostanze.

La Regione del Veneto tramite l’istituzione di una Commissione Tecnica Regionale ha immediatamente messo in atto una serie di azioni volte alla tutela della salute pubblica tra cui la valutazione dell’esposizione pregressa della popolazione residente nell’area maggiormente esposta con uno studio di biomonitoraggio biologico in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità evidenziando dati non tanto incoraggianti.

Come ben sappiamo gli PFAS sono ampiamente impiegati nella composizione delle schiume antincendio.

Recentemente diversi studi di prestigiose Università hanno rilevato che una particolare categoria di lavoratori, i pompieri, sia più esposta ai PFAS rispetto alla popolazione generale per la frequente esposizione ai ritardanti di fiamma.

Si ritiene che la prolungata esposizione ai PFAS, diffusi per la loro tenacia ormai praticamente ovunque nell'ambiente, sia collegata ad effetti negativi sul sistema endocrino e all'insorgenza di alcuni tipi di cancro . I pompieri sono più inclini rispetto alla popolazione generale a sviluppare alcuni tumori, tra cui quello del colon-retto.

Nel nuovo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Environmental Science & Technology, un team di epidemiologi dell'Università di Yale ha esposto cellule di cancro al colon a livelli di PFAS comparabili a quelli presenti nel sangue dei vigili del fuoco.

Le sostanze hanno indotto le cellule cancerose a migrare in nuove posizioni, una caratteristica tipica - benché non l'unica - delle cellule responsabili di metastasi. Indagando più a fondo, gli scienziati hanno osservato che i PFAS hanno alterato sostanze cruciali per il metabolismo cellulare, e ridotto le sostanze antinfiammatorie che di solito hanno proprietà protettive contro il cancro.

Queste trasformazioni sono risultate più profonde nelle cellule affette dalla mutazione che rende il cancro più aggressivo.

Anche se non sempre gli studi in colture cellulari sono confermati dai successivi test clinici, la ricerca suggerisce un nuovo e poco conosciuto effetto deleterio dei PFAS, e invita a correre ai ripari pensando prima di tutto alle categorie professionali più a rischio.

Nel 2017 questa Organizzazione Sindacale aveva sollevato la problematica attraverso una richiesta di monitoraggio dei lavoratori del Veneto che però fu ignorata. Ora però questa richiesta deve essere presa in considerazione in quanto, l’evolversi degli studi sugli effetti collaterali dell’impiego di schiume antincendio contenenti PFAS hanno dimostrato seri danni fisici ai lavoratori VF.

Con la presente, alla luce di quanto esposto, si chiede al Ministro dell’Interno , tramite il Capo Dipartimento, di incaricare la nuova Direzione Centrale per la Salute e il benessere del personale uno studio sul tema PFAS finalizzato alla comprensione della problematica e un monitoraggio di un campione di lavoratori del Veneto, zona altamente contaminata, attraverso un dosaggio ematico PFAS per poi estenderlo a tutti i lavoratori del C.N.VV.F.

La richiesta di un necessario monitoraggio dei lavoratori del Veneto è riferita ad una esposizione doppia (acqua potabile e schiume in campo professionale).

Si resta in attesa di un cenno di riscontro alla presente e ci rendiamo fin da subito disponibili ad un confronto atto a definire e chiarire gli aspetti di questa importante problematica.

 

per il Coordinamento USB VVF Veneto

Enrico Marchetto