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Comunicati generali

CRISI DI GOVERNO E IMMIGRATI: DAI 12 PUNTI DI PROGRAMMA DEL GOVERNO PRODI BIS SCOMPARE LA QUESTIONE IMMIGRATI. 3 marzo 2007 MANIFESTAZIONE Nazionale a Bologna

Bologna,

Nei 12 punti presentati da Prodi per il programma del prossimo Governo non c’è la riforma della Bossi-Fini. Prodi si dimentica degli immigrati? Confermate tutte le iniziative di mobilitazione e lotta per le libertà e i diritti - In allegato scarica il volantino -

La crisi di Governo non ferma la protesta degli immigrati e rimangono confermate tutte le iniziative indette per l’abolizione della Bossi-Fini.


La richiesta di soluzione ai problemi reali, come quello degli immigrati sottoposti ad una legge razzista come la Bossi-Fini, deve arrivare con forza nelle "stanze della politica".


Il Governo Prodi, già nella bozza di riforma dei Ministri AMATO e FERRERO, aveva dimostrato di non voler affrontare i veri problemi degli immigrati, confermando l’esistenza dei CPT, dei decreti flussi, l’introduzione di una cauzione di garanzia per l’ingresso ecc…


Nel frattempo la situazione concreta, a cominciare dalla nuova procedura di rinnovo dei permessi alle Poste, è gravemente peggiorata.


E’ uno scandalo che di fronte a questa grave situazione ci si "dimentichi" della condizione degli immigrati, mentre si confermano altre scelte NEGATIVE come l’intervento in Afghanistan, la costruzione della Torino-Lione (TAV), le privatizzazioni dei servizi pubblici, i tagli alla pubblica amministrazione, l’attacco alle pensioni…


Per dire che questo non si può accettare passivamente, che bisogna rispettare e accogliere le proposte avanzate in tutti questi anni di lotte dagli immigrati, per rilanciare una nuova campagna di rivendicazione dei diritti negati è necessaria una nuova mobilitazione nazionale per

 

> la libertà di circolazione e la regolarizzazione permanente per tutti i migranti presenti in Italia
> la chiusura definitiva dei CPT, senza la creazione di nuovi lager
> l’abrogazione della legge Bossi-Fini, senza che si torni alla precedente Turco-Napolitano
> la rottura netta del legame tra il permesso di soggiorno e il contratto di lavoro
> una legge in materia d’asilo politico che tuteli realmente i richiedenti e i rifugiati
> una cittadinanza di residenza e il diritto di voto per tutti i migranti
> il rilascio e il rinnovo immediati di tutti i permessi e delle carte di soggiorno
> fermare tutte le espulsioni e gli accordi di riammissione
> una nuova normativa che garantisca pieni ed effettivi ricongiungimenti familiari
> per fermare tutte le espulsioni e gli accordi di riammissione
> per l'abrogazione di tutti i reati connessi alla clandestinità, per la non punibilità ovvero l'amnistia-indulto per i reati legati alle lotte sociali
> contro la guerra e per l'abrogazione della legge Pisanu che criminalizza gli immigrati.

 

Manifestazione Nazionale
Bologna 3 Marzo 2007 ore 14:30 Piazza Nettuno

 


 

4 marzo 2007 - Il Manifesto

Bologna Migliaia in piazza per la chiusura dei centri. Assenti parlamentari e partiti
Movimento solo contro i cpt
In corteo centri sociali e immigrati arrivati da tutta Italia. C'è anche Oreste Scalzone. Slogan e striscioni contro il governo e contro la proposta Amato di «superamento» dei centri di permanenza temporanea. Carica della polizia davanti a via Mattei: due manifestanti feriti e cinque fermati, poi rilasciati
di Cinzia Gubbini

Bologna - Martelli pneumatici e cemento a presa rapida. Tempo mezzora e sull'asfalto di via Mattei a Bologna vengono piantati tre cartelli. Opera di un gruppo di ragazzi coperti con cappucci e protetti da un cordone di attivisti dei centri sociali. Avvisi all'automobilista che transita sulla provinciale dove sorge il centro di permanenza temporanea per migranti. Il più grande dice: «Attenzione, lager a 200 metri». Azione «disobbediente» che raccoglie applausi, efficace blitz comunicativo al termine di una manifestazione che ha portato migliaia di persone in strada, diecimila secondo gli organizzatori. Poco prima c'era stato il fronteggiamento muscolare con il cordone della polizia che «proteggeva» il cpt dell'ex caserma Chiarini. Qualche manganellata, fumogeni, diversi feriti di cui tre portati via in ambulanza. La questura aveva fatto sapere che non sarebbe stato permesso al corteo di raggiungere il cpt. E così è stato, nonostante un mezzo tentativo di sfondamento. D'altronde a nessuno interessava, per dire la verità, far esplodere il «caso» della manifestazione finita a botte. La cosa fondamentale, per i promotori, era far vedere che i cortei riescono anche al di fuori dei rapporti con i partiti di centrosinistra. Avevano ragione. Era una scommessa, e non facile. Partiti e sindacati non si sono fatti vedere, eccezion fatta per la federazione provinciale dei Verdi di Bologna e lo spezzone pieno di bandiere delle Rdb. Assente anche tutto l'associazionismo «classico». Incompatibilità con una piattaforma dura, che ha tracciato un'analisi spietata della strada imboccata dal governo sulle politiche migratorie. «No alla proposta Amato, sanatoria per tutti, chiudere i cpt», diceva uno degli striscioni in testa al corteo, portato dal movimento di lotta per la casa di Firenze e retto da una fila di immigrati. Saranno anche cose impossibili da mettere in pratica per chi governa. Ma è quello che parecchie persone ritengono sarebbe giusto fare.
I migranti lo spiegano chiaramente: «Sono cinque anni che sono qui, sono praticamente arrivato con la Bossi-Fini - racconta Tahir, bangladesho - non ho mai avuto un permesso di soggiorno. Lavoro, non faccio niente di male, e però non va bene». Discorsi semplici, perché semplice è la questione. «Qui c'è il tredicesimo punto che manca nel dodecalogo di Prodi - osserva Aboubakar Soumahoro della rete antirazzista campana - l'esercito dei 700 mila immigrati clandestini creati dalla Bossi-Fini, che c'erano prima delle elezioni e continuano a esserci adesso, e che nessuno ci spiega cosa dovrebbero fare».
C'è il sole, è una bella giornata, il percorso del corteo lunghissimo. Dai camion pompa la musica, quello del centro sociale bolognese Tpo è pieno di striscioni: «Ho smontato un cpt e lo rifarei», «Governo Prodi, giunta Cofferati, vergogna». Dal microfono è un uomo africano a ricordare che «quando il sindaco era il segretario della Cgil mi diceva che gli immigrati devono avere piena cittadinanza. Oggi dice e fa cose diverse. Allora vogliamo avere il diritto di voto, daccelo che ti mandiamo a casa». Passa lo spezzone di Milano, quello di Torino, i friulani, tantissimi i padovani, parecchia gente è arrivata anche dalla Puglia, dalle Marche, dalla Campania. Da Genova, dove alla partenza è stato fermato un cittadino ecuadoriano senza permesso di soggiorno, sono arrivati con il centro sociale Zapata i ragazzi della «banda» dei Latin King: «Sì però poi basta chiamarci banda, lo dice chi non ci conosce, potrei dire che la polizia che picchia è una banda», chiarisce Alfredo Abar, arrivato in Italia per ricongiungersi con i suoi genitori nove anni fa, quando aveva 14 anni. Giovane e determinato, uguale a tutti gli altri intorno a lui, e come le decine di ragazzi di chiara origine straniera che sono arrivati con i loro compagni delle università, delle occupazioni, delle realtà di lotta per la casa. Cittadini a tutti gli effetti, «seconde generazioni» ma ancora legati al permesso di soggiorno e a una concezione dell'immigrazione ferma a quindici anni fa, quando le rivendicazioni erano legate solo al lavoro. Nel corteo si parla di cittadinanza di residenza, di diritto alla casa, della necessità di fare «un salto di paradigma».
C'è anche Oreste Scalzone, che da quando è tornato dall'«esilio» di Parigi è «il contrario di un rom che si sedentarizza». Va, partecipa. E dice: «bisogna tenere la testa fuori. L'autonomia non è un'utopia, è un punto di vista. Significa sapere, e vedere, che c'è un altro orizzonte». Estrema sintesi di un lungo ragionamento, da Marx a Prudhon, da Spinoza a Colbert.
Il corteo lascia il centro della città alle spalle. Via Mattei è uno stradone, con la campagna intorno. In testa, principalmente padovani e bolognesi, che governano il faccia a faccia con la polizia che sbarra la strada. Tre file di cordoni, tutti i partecipanti invitati a rimanere dietro, prima fila che si barrica dietro ai cartelloni e avanza compatta. Dall'altra parte, scudi in vista, manganelli in mano e caschi in testa. Parte la carica. Qualcuno si fa male sul serio. La polizia ferma cinque persone. Ormai è sera. Dal camion del Tpo si invita alla calma. La trattativa si concentra sul rilascio dei fermati. Alla fine c'è la liberazione, sotto il flash dei fotografi. Qualcuno si arrabbia perché avrebbe voluto «sfondare». Invece si torna indietro al grido «dove non passeremo noi, non passerà più nessuno». E' il via libera per piantare i tre cartelli che bloccano la strada. Poi si torna a casa e ci si guarda in faccia: «E' andata bene, no?», «E io che non ci credevo...»


4 marzo 2007 - La Padania

Cronaca di una giornata di disordini annunciati:
i centri sociali tentano l’assalto al Cpt, scontri con la polizia
SINISTRA VIOLENTA, GUERRIGLIA A BOLOGNA
di ANDREA ACCORSI

Bologna - Saranno 20, 30 metri. Via Mattei, estrema periferia nord-orientale di Bologna, dove le strade portano ancora il nome di Lenin e dei "padri del socialismo". Da un lato, protetto dal doppio cordone di polizia, uno dei centri di permanenza temporanea più turbolenti, già teatro di numerosi disordini, fughe, incidenti, perfino di morti. Di fronte a non più di 2 mila giovani i centri sociali e i movimenti no-global arrivati con quattro treni e dieci pullman da tutto il Paese: dalla Lombardia, dal Nordest, dalle Marche e dalla Toscana i treni, mentre i pullman soprattutto dal Meridione.
Si sono dati appuntamento sotto il Nettuno, nel cuore di Bologna, sotto le finestre del sindaco, «sceriffo e fascista», Sergio... ... Cofferati. C’era anche il redivivo esponente di Potere Operaio Oreste Scalzone, che pontificava tra la folla. Si sono mossi alle 16 dietro agli striscioni «Chiudere i Cpt ora» e «Governo Prodi, giunta Cofferati, vergogna». Non hanno sentito le ragioni del questore, Francesco Cirillo, e hanno puntato dritto verso il Cpt bolognese.
«Crediamo sia giusto - afferma il leader dei no-global Luca Casarini, anticipando l’intenzione dei disobbedienti di appendere uno striscione sulle inferriate del Cpt - avvicinarsi a quelli che sono rinchiusi dentro a un lager, per farci sentire, dato che il Cpt non è una cattedrale sacra». Ma l’indice è puntato anche contro il sindaco rosso di Bologna e il premier: «C’è un rapporto - prosegue Casarini - tra la politica di Cofferati e quella del Governo Prodi. Cofferati è la coscienza di destra del Governo di sinistra. È un uomo di destra che suggerisce ai suoi referenti nazionali cosa fare. Grazie anche a lui aumentano le gabbie, la repressione e i divieti».
Bologna ha assistito, un po’ stupita e disorientata, al loro passaggio, che è stato peraltro pacifico. C’era Domenico Mucignat del Teatro Polivalente Occupato a fare gli onori di casa. Grande assente Rifondazione comunista. Il segretario provinciale Tiziano Loreti aveva annunciato: «Metà delle rivendicazioni sono contro di noi, non manifestiamo contro noi stessi».
Puntuale all’appuntamento il consigliere comunale bolognese indipendente Valerio Monteventi: «Iniziai la mia battaglia contro il Cpt nel 1999, la proseguii in consiglio comunale quando Guazzaloca approvò la variante per trasformare le caserme Chiarini, ho partecipato a tutte le manifestazioni di disobbedienza civile contro il Cpt e ci siamo incatenati tre volte. Sarebbe un’eccezione se io non ci fossi». E a chi gli fa notare l’assenza dei dirigenti del Prc, Monteventi risponde: «Ci sono ruoli diversi. Questa è una manifestazione dei disobbedienti che non hanno chiesto l'adesione dei partiti, tuttavia la militanza di base e alcuni consiglieri di quartiere sono qui».
I segnali di tensione alla vigilia non erano mancati. Venerdì l’ex cinema Embassy era stato okkupato, in serata il "cattivo maestro" Renato Curcio era tornato a tenere i suoi sermoni dalla cattedra. Ieri tutto è filato liscio fino alle 18: solo qualche negoziante, più timoroso degli altri, ha tirato giù la saracinesca al loro passaggio. Poi, epilogo di una giornata di tensione crescente, quando la testa del corteo è arrivata in via Mattei, d’improvviso si è accesa la scintilla. «Caschi» hanno ordinato i dirigenti della polizia agli agenti in tenuta antisommossa. Dall’altra parte, davanti al "camion musicale" che apriva il corteo sono spuntati dei pannelli di plastica a formare una sorta di rudimentale "testuggine". I ragazzi delle prime file si sono calati berretti e passamontagna. In una concessionaria di auto, proprio vicino al punto di contatto, è partito un antifurto, quasi a voler sottolineare la situazione di allarme.
La "testuggine" è avanzata: 30, 20, 10 metri. Poi il contatto con gli scudi e i manganelli della polizia. Tra la caligine dei fumogeni e l’esplodere di alcuni petardi si è rischiato il peggio.
Sul campo resteranno alcuni contusi da entrambe le parti, con due persone finite in ospedale e quattro manifestanti fermati dalle forze dell’ordine. Un attimo di pausa, poi la polizia ha caricato, una, due volte. «Fascisti» gridavano dal corteo, mentre ripiegavano, sollecitando le persone più indietro a retrocedere per aprire una via di fuga.
Dagli altoparlanti veniva scandito l’invito a riorganizzarsi, ma anche a rispettare le indicazioni che arrivavano dagli organizzatori della manifestazione. «Siamo 10 mila, molti più di loro»: si è temuto un secondo attacco, ma alla fine è prevalsa la stanchezza, con la consapevolezza che arrivare fino alle mura del Cpt - com’era nelle intenzioni dei manifestanti - era impossibile. Sulla strada, per pochi minuti, mentre i contestatori tornavano a casa, sono rimasti piantati cartelli come "No ai Cpt" e "Attenzione lager a 200 metri". E restano, pure, le bottiglie di birra e Lambrusco così come le solite scritte di vernice su muri e cartelloni pubblicitari.
"Ho smontato il Cpt e lo rifarei" si leggeva su uno striscione. "Siamo tutti precari, siamo tutti clandestini" recita un’altro cartellone. Alcuni manifestanti hanno espresso solidarietà ai «compagni del centro sociale di Copenaghen, sgomberato in settimana dalla polizia danese». Letta su una maglietta: "Dovete darci il denaro e poi ne riparliamo". E ancora: "Reddito per tutti, lavoro o non lavoro".
«Questo Governo si è spaccato sulla politica estera - osserva una manifestante arrivata da Valsusa - ma poteva capitare su tante altre cose. La Tav o i Dico o gli immigrati. È un Governo che non esisteva già prima, figuriamoci adesso che è già caduto una volta». La ragazza, giovanissima, è fasciata in un tubino nero: la sua voce è quella di una scolaretta in libera uscita.
Preso atto della pesante contestazione al sindaco Cofferati, attaccato anche per le telecamere che il Comune vuole installare per sorvegliare meglio la città, e della evidente conflittualità con l’attuale Governo, ministro Amato in testa, bastava scorgere le bandiere issate sulle teste dei manifestanti per capirne i loro orientamenti politici. Accanto alle immancabili bandiere della pace e di Cuba, si sono viste solo quelle dei Verdi e del Movimento per il Partito Comunista dei Lavoratori, oltre a Rdb, Cub e Cobas. Prima del "rompete" la parola d’ordine è stata: «Andiamo a casa con una vittoria politica. È l’inizio di una stagione e qualcuno dovrà farsene una ragione». Quel qualcuno è più facile individuarlo nelle forze politiche che attualmente governano il Paese e la città, assai più che nell’opposizione.

E la casa bolognese del premier diventò una caserma blindata

Bologna - Erano ben 11 i mezzi della polizia, stipati tra piazza Santo Stefano e via Gerusalemme, che hanno blindato - a partire dalle ore 15 di ieri - casa Prodi. Tutta colpa della manifestazione anti-Cpt organizzata a Bologna: per proteggere il premier, a casa per il weekend, sono dunque accorsi i rinforzi. Decine di poliziotti, in tenuta antisommossa, hanno stazionato a pochi metri dal portone di casa del primo ministro. Almeno una ventina i carabinieri, accanto ad altrettanti uomini della Questura, che hanno sbarrato l’ingresso a via Gerusalemme da strada Maggiore.
Il corteo, su richiesta della Questura, è sfilato in via San Vitale e non in strada Maggiore (come proposto inizialmente dai manifestanti) ha comunque offerto un inaspettato diversivo. Uno dei due camion sound system infatti, non potendo passare sotto l’arco di via San Vitale, ha dovuto staccarsi dal corpo centrale del corteo e sfilare singolarmente, proprio davanti alle divise delle forze dell’ordine che presidiavano i dintorni di casa Prodi. Tranne qualche slogan e la musica ad alto volume, il contrattempo tecnico non ha causato alcun problema.
La tensione era alta: in passato, infatti, strada Maggiore è stata teatro di azioni dimostrative. Vale, in particolare, per quello accaduto alla fine del 2003, quando ordigni rudimentali - fabbricati con due pentole a pressione e due bombolette di gas da campeggio - furono fatti scoppiare a distanza di venti minuti l'uno dall'altro (con la tecnica della trappola) in due cassonetti dell'immondizia all'angolo fra strada Maggiore e via Gerusalemme.
A sfilare, a due passi da casa Prodi, sono accorsi ieri molti immigrati, tantissimi giovani dei centri sociali e degli spazi autogestiti giunti da Marche, Emilia Romagna, Friuli, Trentino, Napoli, Genova, Roma, Torino, Milano e Firenze. Alla manifestazione, accanto agli striscioni, anche le bandiere delle Rdb e dei Verdi. In testa alla sfilata tanti decibel di note musicali e di grida contro i Cpt inventati dalla sinistra.


3 marzo 2007 - Dire

CPT BOLOGNA. PARTITO IL CORTEO: "SIAMO IN TREMILA"
FUMOGENO IN VIA RIZZOLI E STRISCIONE: "NO AI LAGER"

(DIRE) Bologna, 3 mar. - Un solo fumogeno che tinge di rosa via Rizzoli. E poi un enorme striscione: "Nessun lager sulle nostre terre. O li chiudete voi o li chiudiamo noi". La manifestazione di Bologna contro i Cpt parte, come da programma, da piazza Nettuno alle 16, sulle note di "Io vengo dalla luna" di Capareza. Secondo una prima stima degli organizzatori i manifestanti dovrebbero essere circa tremila, provenienti un po' da tutta Italia: Torino, Milano, Modena, Napoli, Padova, Caserta e Roma. C'e' anche la "Comunita' resistente delle Marche". Tra i partecipanti bolognesi, ci sono Crash, Rdb e il Tpo con un inequivocabile: "Ho smontato un Cpt e lo rifarei"


3 marzo 2007 - Adnkronos

IMMIGRATI: BOLOGNA, PARTITO CORTEO NO GLOBAL CONTRO CPT
PER LA QUESTURA SONO 1500, PIU' DEL DOPPIO PER ORGANIZZATORI

Bologna, 3 mar. (Adnkronos) - 'Nessun lager sulle nostre terre'. Questa la frase che campeggia sul grande striscione che apre il corte nazionale dei disobbedienti appena partito da piazza Maggiore a Bologna per chiedere la chiusura immediata dei Cpt. I manifestanti sono 1500 secondo la Questura, oltre il doppio per gli organizzatori. Tra i presenti anche il leader no global Luca Casarini, giunto a Bologna insieme a 500 compagni del Veneto. In piazza Nettuno, al concentramento, anche il consigliere comunale indipendente, eletto a Bologna nelle liste del Prc, Valerio Monteventi, il segretario provinciale dei Verdi, Carlo Bottos e Oreste Scalzone ex membro di Potere operaio. In corte sfilano molti immigrati, tantissimi giovani dei centri sociali e degli spazi autogestiti giunti da Marche, Emilia Romagna, Friuli, Trentino, Napoli, Genova, Roma, Torino, Milano e Firenze. Alla manifestazione, accanto agli striscioni, anche le bandiere delle Rdb e dei Verdi. In testa alla sfilata un camion sound system del teatro polivalente occupato, seguito da un secondo mezzo dal quale viene diffusa la musica e gli slogan dei partecipanti. Sono ben 11 mezzi della polizia, stipati tra piazza Santo Stefano e via Gerusalemme, che blindano dalle 15 di questo pomeriggio casa Prodi, a Bologna, dove e' attualmente il premier per il week and, in occasione del corteo nazionale dei disobbedienti per la chiusura dei Cpt. Decine i poliziotti in tenuta antisommossa che stazionano a pochi metri dal portone di casa del premier Romano Prodi. Almeno una ventina i carabinieri, accanto ad altrettanti uomini della Questura che sbarrano l'ingresso a via Gerusalemme da strada Maggiore. Il corteo che, su richiesta della Questura, e' sfilato in via San Vitale e non in strada Maggiore, come proposto inizialmente dai manifestanti, ha comunque offerto un inaspettato diversivo. Uno dei due camion sound system infatti, non potendo passare sotto l'arco di via San Vitale, ha dovuto staccarsi dal corpo centrale del corteo e sfilare singolarmente, proprio davanti alle divise delle forze dell'ordine che presidiavano i dintorni di casa Prodi. Tranne qualche slogan e la musica ad alto volume, il contrattempo tecnico non ha causato alcun problema.