Dentro uno scenario di crescente conflittualità internazionale, i paesi della Ue, e con loro il governo Meloni, hanno imboccato la strada del riarmo, della complicità con il governo terrorista israeliano e della subalternità alle scelte politico-militari degli Usa di Trump. In Europa e in Italia, gli unici distinguo sono relativi al rafforzamento o meno di una politica economica, commerciale ed anche militare autonoma della Ue, ma la corsa al riarmo e la costruzione di una economia di guerra vengono condivise da tutti i governi, indipendentemente dal loro orientamento politico.
In Italia, gli effetti di questo processo sono sempre più visibili. Sul piano economico, lo spostamento di risorse verso il settore bellico favorisce un’ulteriore compressione dei salari e delle pensioni e una riduzione delle risorse destinate ai servizi sociali. Sul piano degli spazi di agibilità democratica, l’approvazione del decreto sicurezza ha impresso una ulteriore torsione autoritaria a tutto il sistema penale. Sul piano della cultura e dell’istruzione, assistiamo ad una pesante involuzione e alla riproposizione di un sistema di valori funzionale alla preparazione del paese alla guerra.
Questa dinamica sta producendo anche una chiarificazione delle posizioni politiche. Le forze politiche e sindacali sono obbligate dalla evoluzione degli avvenimenti a schierarsi a favore o contro l’invio di armi, l’approvazione dei piani di riarmo, l’accettazione delle scelte della Nato e della UE, le leggi securitarie, il mantenimento delle relazioni diplomatiche, economiche e militari con Israele, ecc. Il contesto non consente più di nascondersi dietro posizioni intermedie ma rende esplicito quello che fino a poco tempo fa poteva essere tenuto nascosto.
Nel corso dell’ultimo anno, in occasione delle mobilitazioni a sostegno del popolo palestinese, nell’organizzazione degli scioperi contro l’economia di guerra, nella promozione delle manifestazioni nazionali contro i piani di riarmo della Ue e della Nato si sono manifestati i primi segnali di un potenziale blocco sociale indipendente. Così come attorno alla parola d’ordine “Alzare i salari, abbassare le armi”, si sono evidenziate le prime crepe di consenso in settori sociali che stanno subendo direttamente gli effetti delle politiche economiche condizionate dalla corsa alla guerra.
La discussione che proponiamo è se e come è possibile muovere dei nuovi passi in avanti nella direzione della costruzione di un campo di forze sociali, conflittuale e autonomo, capace di dare voce a quegli interessi popolari e di classe che non trovano lo spazio per esprimersi. Di cosa c’è bisogno, insomma, perché quel blocco sociale si consolidi e riesca a diventare attrattivo per tutti quei settori sociali frammentati e disgregati che non riescono a dare forma al loro disagio. Cosa fare affinché ci si riconosca tra chi sta dalla nostra parte, dalla parte giusta della barricata.
Di questo vogliamo parlare con tutti quelli che hanno voglia di mettersi in gioco.
Venerdì 5 settembre Assemblea che si terrà durante la Festa Figli della stessa rabbia, dalle ore 17.00 presso il Circolo Arci Concetto Marchesi - via del Frantoio Tiburtino III – Roma
Unione Sindacale di Base
Movimento di Lotta per la Casa
Cambiare Rotta
Osa