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Portale Usb Editoriale

Dice Trump: la scelta è tra sogno americano e socialismo, dunque tra barbarie e socialismo. Bonomi sceglie la barbarie e non poteva essere diversamente

Roma,

Il capo di Confindustria ha scritto una lettera ai suoi associati parlando a nuora perché suocera intenda, ha spiegato loro la strategia d’autunno, ma che guarda evidentemente a un futuro di lunga durata, perché le controparti formali, governo, parti politiche e sindacali prendessero appunti e si preparassero a rispondere adeguatamente e con garbo alle sue richieste che garbate non sono.

Lunedì 7 settembre cominceranno le interrogazioni nell’incontro che ha convocato nel suo pied-à-terre di via Veneto con i segretari di Cgil Cisl Uil a cui, bontà sua, offrirà un nuovo patto sociale basato sulla totale autonomizzazione delle imprese nelle relazioni industriali, la fine del  contratto nazionale, la scomparsa definitiva delle tutele dai licenziamenti che devono poter ricominciare immediatamente, la riforma in pejus degli ammortizzatori sociali, la chiusura del reddito di cittadinanza e di quota 100, la non ingerenza dello Stato nelle vicende Alitalia ed ex Ilva, nel definire quali vertenze debbano approdare al MEF – quelle irrisolvibili – e quelle che invece possono trovare nel Ministero del Lavoro le risorse per salvare non tanto i lavoratori quanto le imprese.

Decisamente brutale nella forma, decisamente determinato nella sostanza il capo dei padroni ha anticipato tutti, ha aperto lo scontro prima della ripresa post-feriale, prima delle elezioni regionali di settembre per ottenere il massimo il prima possibile. Nei mesi scorsi, quelli della morte da virus che dalle loro fabbriche si spandeva su tutto il Paese esplicitando più delle parole quale fosse la scelta del capitale tra le opzioni “prima la salute oppure prima gli utili d’impresa”, ovvero, parafrasando, tra socialismo o barbarie, qualcuno si era spinto ad immaginare che il plateale fallimento delle politiche di sistema dettate dal capitale riducessero a più miti consigli gli squali di Confindustria.

Com’era prevedibile così non è stato, anche per la assenza di un’adeguata controffensiva del movimento dei lavoratori, imprigionato anch’esso nella tenaglia se venisse prima la salute o il posto di lavoro, se si escludono le iniziative di lotta e di sciopero assunte da USB e spontaneamente dagli operai in molte fabbriche del nord. Bonomi ha quindi capito che anche in questa occasione poteva affondare il coltello potendo contare ancora una volta sulla possibilità di scegliersi interlocutori imbelli, proni ai progetti riorganizzativi dei padroni, pronti a tutto pur di conservare fettine sempre più striminzite di potere, condite dallo sgocciolamento economico  degli enti bilaterali e dei fondi pensione da cui traggono larga parte del proprio sostentamento. Tra le contropartite, e Landini lo va affermando da tempo e rilanciando con molta convinzione negli ultimi giorni, una legge sulla rappresentanza e rappresentatività sindacale che assicuri ai sindacati concertativi il monopolio della rappresentanza e, ai padroni, interlocutori sempre affidabili e complici.

Vedremo il 7 settembre quale sarà la linea del Piave su cui si attesteranno Landini, Furlan e il neosegretario Uil, Bombardieri, che ha già alzato peana alla proposta del nuovo patto sociale. Quello che conta davvero è come sapremo articolare la risposta e la nostra controffensiva, sapendo che i padroni fanno sul serio e che i lavoratori avranno al loro fianco solo ed unicamente le organizzazioni sindacali confederali di classe. Non sarà una battaglia facile né breve; quattrocentomila lavoratori che in pieno blocco dei licenziamenti hanno perso il lavoro perché precari o a tempo determinato, e quindi di fatto non protetti dal blocco di licenziamenti, già ci dicono della pesantezza della situazione. C’è un pezzo sempre più vasto di società che sta subendo senza alcun paracadute il flagello economico e sociale portato dal Covid-19 assieme al suo fardello di morte e malattie. Quel pezzo di mondo del lavoro precario e senza tutele deve comprendere al più presto, senza ulteriori indugi, che nessuno si salva da solo e che c’è bisogno di rafforzare un progetto confederale e di classe capace di fare fronte all’attacco, che sarà feroce e non farà sconti, che il padronato sta preparando con la complicità di Cgil Cisl Uil e il servilismo interessato di tutte le forze politiche.

Ma l’aggressione riguarda, in tutta evidenza, ogni settore del mondo del lavoro, anche quello oggi ancora protetto, se così si può dire, dai cascami delle conquiste del movimento operaio attraverso il possente ciclo di lotte dei decenni passati. Il fronte sarà quello del contratto nazionale, che si vorrebbe estinguere per lasciare i lavoratori soli, azienda per azienda, a provare a difendere il proprio posto di lavoro, il proprio salario, i propri diritti, la tutela dai licenziamenti, mentre i padroni pretenderanno la massima flessibilità, la reintroduzione del cottimo e del controllo totale attraverso l’uso distorto della digitalizzazione, dello smart working ecc.

E poi ci sarà la crescita esponenziale dell’esercito dei disoccupati, figli secondo loro del Covid ma in realtà figli della necessità di non ridurre i profitti e dell’utilità di avere un vasto bacino di persone pronte a rinunciare a qualsiasi diritto contrattuale e salariale pur di ottenere un posto di lavoro e portare a casa un salario purchessia. È con questo esercito destinato ad ingrossarsi che va costruito un forte movimento che pretenda di avere un futuro occupazionale attraverso un grande programma di riorganizzazione dello Stato e delle amministrazioni locali, per sostenere quel welfare universale che i padroni vorrebbero cancellare definitivamente per appropriarsi delle immense ricchezze che esso può produrre e che per il momento ha prodotto morte, come ci insegna il disinteresse della sanità privata a sostenere gratuitamente la lotta al Covid.

Tocca quindi ai lavoratori, tutti, ai precari, ai disoccupati organizzarsi su una piattaforma di lotta unitaria e confederale e praticare forme di lotta adeguate, determinate e di massa. Non servono oggi scorciatoie, utili solo a testimoniare l’esistenza in vita di qualche scampolo residuale di organizzazione sociale alternativa, serve respingere l’attacco, serve produrre in ogni luogo di lavoro, fabbrica, ufficio, magazzino, campo agricolo l’organizzazione capace di condurre una battaglia che non si può non combattere.

Unione Sindacale di Base