La notizia dei telegiornali e giornali radio dei giorni scorsi che. tra l’altro, riporta il provvedimento degli arresti domiciliari per un ispettore del lavoro dell’ITL di Latina, che sarebbe coinvolto in un’organizzazione criminale volta ad un uso “industriale” del caporalato ai danni di centinaia di lavoratori stranieri occupati in agricoltura, è molto più grave di quanto già non appaia.
Infatti, quanto emerge da due anni di indagini della Squadra Mobile di Latina indica che dei pseudo-imprenditori, dotati di una flotta di furgoni, provvedevano ad assumere i lavoratori stranieri e a somministrarli illecitamente a non meno di cinquanta aziende, costringendoli a condizioni di vita e di lavoro disumane, anche attraverso l’attiva complicità del segretario generale della FAI CISL di Latina, organizzazione sindacale cui erano obbligati ad iscriversi.
Il tutto sarebbe potuto avvenire sino ad oggi grazie alla vera e propria protezione offerta ai responsabili da, a parte l’ispettore agli arresti domiciliari e a cui viene attribuita una vera e propria attività di consulenza, un non meglio precisato numero di ispettori del lavoro che avrebbero garantito l’assenza di verifiche e controlli.
Naturalmente l’effettività dei fatti e delle responsabilità dei singoli dovranno essere accertate dalla magistratura, e l’augurio è che l’ispettore coinvolto possa dimostrare la propria estraneità, ma è assolutamente indubbio come il fenomeno accertato fosse reale, manifesto e ramificato sul territorio.
E questo fenomeno assume una particolare gravità per l’Ispettorato Nazionale del Lavoro, in quanto il settore agricolo dell’agro pontino è stato, quantomeno sin dal 2016, oggetto annuale di una vigilanza speciale disposta, prima dalla Direzione Regionale del Lavoro e poi dall’Ispettorato Interregionale del Lavoro di Roma.
Insomma, le condizioni del lavoro in agricoltura sul territorio della provincia di Latina erano state – giustamente – messe sotto la lente d’ingrandimento e non è neanche lontanamente ipotizzabile che, nelle decine - forse centinaia - di controlli disposti in altrettante aziende del territorio, si sia potuta verificare la fortuita circostanza per la quale nessuno degli ispettori coinvolti sia incappato in una delle decine e decine aziende che facevano ricorso a lavoratori forniti da queste società di malaffare.
Un dato però è certo. Gli ispettori proveniente da altre sedi, venivano accompagnati da ispettori di Latina ed indirizzati nelle aziende che avrebbero dovuto ispezionale.
Chi, come e perché, selezionava queste aziende?
Il dottor Parisi, capo dell’Interregionale di Roma, che, come ha dimostrato in altre situazioni, ben conosce ed è sensibile a queste forme moderne e sofisticate di intermediazione, farebbe bene a verificare i risultati della vigilanza speciale alla luce di quanto accertato dalla Squadra Mobile di Latina ed a chiedere conto ai responsabili delle modalità con le quali è stata attuata.
Il dottor Alestra, capo dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, farebbe bene a pretendere che la repressione del fenomeno evidenziato dalla Squadra Mobile di Latina e che rappresenta forse la più grave forma di degenerazione del lavoro in Italia in questo momento – e peraltro niente affatto circoscritta all’agricoltura, anzi! - venga posta al centro degli obiettivi qualitativi dell’Ispettorato dedicandovi le risorse, gli uomini ed il tempo necessari.
Coordinamento Nazionale USB Lavoro, INL, ANPA