Il 4 settembre il Governo è stato costretto ad approvare un decreto legge (il cosiddetto "salva infrazioni") per fermare le multe comminate al nostro paese per l’elusione di norme comunitarie (per esempio, la questione balneari). L’articolo 12 di questo provvedimento è direttamente correlato alle denunce effettuate alla Commissione Europea dalla USB PI Ricerca, sulla reiterazione dei contratti precari negli EPR. Partite nel 2013, hanno visto il riconoscimento della vergognosa e vessatoria condizione dei lavoratori precari nella ricerca in Italia nella procedura di infrazione 2014/4231.
Grazie alle manifestazioni in piazza, l’azione in Europa e l’azione legale, abbiamo imposto al Governo Renzi di includere le stabilizzazioni nella riforma Madia (per prime quelle in ISS e ISTAT, precedute da due pesantissime occupazioni e circa 200 ricorsi condotti dallo studio Naso di Roma), ed è indubbio che la procedura di infrazione abbia giocato un ruolo determinante per un governo ‘europeista’.
Ora ci troviamo alla vigilia di migliaia di licenziamenti nella ricerca e nell’università: PNRR in scadenza, assegni di ricerca cancellati per una nuova forma di lavoro nero, chiamato contratto di ricerca. E a maggior ragione nel prepararci al ‘soccorso’ contro i licenziamenti dobbiamo perseguire con attenzione la blindatura della nuova norma sulle stabilizzazioni che USB ha ottenuto da questo governo (il comma 2bis) e una piattaforma di lotta multiforme, affiancata da azioni legali ed istituzionali.
Per questo la recente sentenza n. 2857/2024 della Corte di appello, ultima di varie vertenze condotta dallo Studio Legale Naso di Roma, che assicura il danno ai precari ormai assunti a tempo indeterminato è pienamente in linea ed anticipa quello che il decreto introdurrà, cancellando il Jobs Act. La sentenza è la seconda positiva di tre ricorsi identici già vinti in cassazione, col quarto in dirittura d'arrivo in quel grado di giudizio, conferma la condanna dell’Ente al pagamento del danno anche dopo l’assunzione degli ex precari. In sostanza, i giudici hanno riconosciuto il diritto al danno oltre che all’assunzione. In prospettiva, ISPRA accumulerà circa mezzo milione di euro di danni, tra risarcimenti e spese di giudizio. Soldi che potevano essere risparmiati assumendo prima il personale, a tutto vantaggio delle finanze dell’ente. Se ora consideriamo gli effetti di eventuali analoghi ricorsi solo in INFN, CNR e INAF, che sono gli enti che dopo la stabilizzazione del 2017 hanno di nuovo precarizzato pesantemente, possiamo stimare un possibile costo totale di soccombenza di circa 150 milioni (non scherziamo, CENTOCINQUANTA MILIONI!), specie considerando che nella maggioranza dei casi, le continue reiterazioni anche con contratti diversi condurrebbero alla quantificazione del risarcimento in 24 mensilità.
Come USB PI Ricerca, stiamo programmando le giornate di lotta, a fianco delle quali ci prepariamo ad affrontare, sia in Parlamento (dove approderà il decreto) sia nei tribunali, gli ulteriori passaggi di questa guerra al precariato. Per rilanciare la ricerca, per dare diritti e dignità. Per assumere tutti i precari!
USB PI Ricerca