La grancassa della necessità di rimettere mano al welfare e alle politiche del lavoro questa volta non ha suonato invano. Molti si aspettavano, sbagliando, che Brunetta e Sacconi, due pasdaran di stretta osservanza confindustriale, non sarebbero andati fino in fondo nella realizzazione di quanto ripetutamente, e con roboanti dichiarazioni, annunciato dal giorno stesso dell’insediamento del nuovo esecutivo.
Invece, prima una campagna mediatica becera e profondamente venata di razzismo ha dipinto il dipendente pubblico come l'unico responsabile dello stato in cui si trova il Paese, poi con il DPEF e il Decreto Fiscale (D.L.112/08) si sono realizzate quasi tutte le trasformazioni annunciate.
E’ con un diluvio di pesanti arretramenti delle tutele del lavoro che si ridisegnano, senza nemmeno tentare minimamente la strada del consenso sociale, le politiche del welfare e del lavoro in Italia.
Privatizzazioni, esternalizzazioni, reintroduzione dei peggiori articoli della Legge 30, sviluppo selvaggio del precariato e fine di ogni speranza per le centinaia di migliaia di giovani precari che mandano avanti la pubblica amministrazione, riduzione consistente degli stipendi attraverso un ridisegno di quelle parti variabili del salario che interessano oltre il 30 % della busta paga…
Sembrerebbe ironico, se non fosse tragico, che poi questi provvedimenti vengano presi in un contesto economico che per tutti i lavoratori si è già fatto drammatico.
Le prime pagine dei maggiori quotidiani italiani sono costrette, a malincuore, a raccontare di salari ormai incapaci di garantire una vita decente ai lavoratori e alle loro famiglie, a denunciare l’incomprensibile inflazione programmata fissata all’1,7% quando l’Istat, che non è proprio un campione di trasparenza, ci avverte che siamo già arrivati al 3,8%, e l'unica scusa che viene fornita è quella che "è colpa dell'Europa".
Intanto “i soliti noti” cgilcisluil, senza minimamente ammettere che quanto sta succedendo deriva direttamente dalle scelte miopi e lontane dagli interessi dei lavoratori da loro effettuate negli anni passati, oggi trovano la voglia e il tempo di discutere su come rendere inutile il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro, su come dargli validità economico/normativa triennale – fregandoci un anno di contratto – su come restringere il numero dei contratti, ma non per unificare contratti diversi esistenti nello stesso settore o nello stesso sito aziendale, bensì per unificarli al livello più basso possibile sia economico che normativo.
Organizziamo la protesta in tutte le sedi dell’INPS
Contro
La riduzione degli organici, delle assunzioni e delle stabilizzazioni dei precari
Lo scippo di 6.000 euro di incentivo
La decurtazione del salario in caso di malattia e l’ampliamento ingiustificato delle fasce di reperibilità
Ogni riforma degli Enti previdenziali imposta dall’alto
PROTESTARE E’ GIUSTO E NECESSARIO
Per cambiare, per non arretrare,
per imporre, noi lavoratrici e lavoratori,
la vera agenda delle questioni importanti.