Editoriale
A noi non ci ferma neanche un treno. E invece, a volte, è proprio un treno a fermarci. Così è successo a Francesco. Ciccio: così lo chiamavano gli amici.
Un manovratore. Una delle categorie che nella storia delle ferrovie ha pagato prezzi altissimi in termini di morti, incidenti gravi e gravissimi, invalidità e più in generale infortuni.
Nel grande sciopero dei ferrovieri del 1920 si parlava soprattutto di loro1 per reclamare, per i manovratori e non solo, oltre alle 8 ore di lavoro il risarcimento danni agli infortunati anche in caso di colpa e il raddoppio dell’indennità di infortunio.
Da questo passaggio ritorniamo subito alla realtà e all’oggi per chiederci come abbiamo fatto a perdere il diritto a non lavorare più di 8 ore e a non infortunarci, o addirittura morire sui binari, come allora? A cosa sono serviti sacrificio e morte di di tanti Francesco che ci hanno preceduto? Possibile che nel terzo millennio si muoia esattamente come cent’anni fa?
L’avvocato ha sostenuto, giustamente, che se fossero stati rispettati gli standard di sicurezza Francesco sarebbe ritornato a casa.
Appunto: perché non sono stati rispettati?
Perché lavoriamo più di 8 ore?
Chi vuole riportarci al tempo dei nostri avi?
Chi sta facendo fare un balzo nel passato ai lavoratori chiedendogli di pagare anche sulla propria pelle questa ignominia?
Indice
- Il patto e il sangue
- Basta!
- Sciopero Emilia Romagna
- 22-23 giugno
- I lavoratori SACOM scioperano con USB
- Appalti ferroviari
- La cura greca per i lavoratori continua
- Cruciferr
- Recensioni
- Pillole & News
- Valdaora, frana sui binari: il treno si ferma appena in tempo
- AV/AC in FVG
- S’intravede il... Fondo?
- Rogo di Tiburtina
- Distribuzione dei Ticket Restaurant
- Tassazione agevolata al 10%
- Sentenza sul pacchetto di medicazione
- In Germania droni per identificare i graffittari