A febbraio l’Irpet ha pubblicato un rapporto concernente le ultime rilevazioni sul lavoro povero in Toscana da cui emergono una serie di dati che dipingono un quadro socioeconomico ormai cementato nelle sue dinamiche e tutto spostato a favore delle imprese di settore.
Il turismo si conferma pure in Toscana come un settore capace di generare enormi ricchezze. Ricordiamo che, considerando tutto l’indotto a monte, a livello nazionale il macrosettore è in grado di incidere fino al 13% del pil nazionale. Ma a fronte di questa ricchezza generata c’è una sempre più confermata matassa di criticità lavorative e sociali, corrispondenti alla scarsa retribuzione di lavoratori e lavoratrici.
Incrociando i dati dell’Agenzia delle Entrate e del Sistema informativo lavoro, i ricercatori dell’Irpet hanno elaborato una tabella da cui emergono dei punti fermi sulle più rilevanti, e più volte denunciate, criticità del contesto:
- il 40% dei lavoratori del turismo toscano guadagnano meno di 8000 € lordi all’anno, e si confermano quindi come lavoratori poveri perché sotto la soglia di povertà stabilita dal paniere Istat dei beni e servizi essenziali;
- il 22% dei lavoratori percepisce un reddito medio da lavoro inferiore ai 22 € al giorno, confermando la forte presenza di part-time e contratti poveri nel turismo, con prevalenza nei contesti balneari, più improntati alla stagionalità rispetto alle città d'arte;
- il 50% dei lavoratori nel settore turistico toscano è di età inferiore ai 34 anni, un dato che si inserisce in una serie di politiche che han sempre più spinto i giovani in percorsi formativi con le aziende del settore e che influisce fortemente sul reddito percepito;
- i sottosettori turistici con reddito mediano più basso si confermano l’alberghiero, la ristorazione, agenzie di organizzazione convegni e sport. Tutti contesti in cui la stagionalità e il lavoro a chiamata e autonomo a bassa retribuzione sono la regola.
Si rende sempre più urgente una trasformazione radicale di questo sistema economico, capace di generare enormi ricchezze facendo leva su un bassissimo costo del lavoro, dove vengono operate pure chirurgiche scelte di percorsi formativi volti ad adoperare giovani a titolo gratuito per fare profitto come le varie forme dell'alternanza scuola-lavoro e PCTO.
È imperativo ripensare la stagionalità turistica e rimodulare gli ammortizzatori sociali di conseguenza, è impensabile abbandonare i lavoratori del settore a loro stessi una volta “usati” per la ricca stagione estiva/invernale. Considerata la crescente importanza del terziario e del turismo nel sistema-paese e il triste destino demografico che attende l’Italia nei prossimi anni, riteniamo improcrastinabile un intervento riformatore in tale contesto che passi attraverso l’estensione degli ammortizzatori e l’introduzione del salario minimo.
Non è più rinviabile un intervento legislativo volto a potenziare e tutelare le relazioni industriali tra associazioni sindacali in questo contesto, più volte vittima di contratti collettivi al ribasso firmate dai sindacati confederali, scaduti da anni e non rinnovati (esempio su tutti Fipe-Pubblici Esercizi), e afflitto da una congenita difficile sindacalizzazione con cui noi stessi facciamo i conti, in virtù della struttura d’impresa (piccola e piccolissima).
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