L'obiettivo dei promotori dei referendum abrogativo presentato in Cassazione dal comitato promotore è quello di cancellare le modifiche della riforma Fornero all'art.18 dello Statuto dei lavoratori, e ripristinare i diritti minimi e universali previsti dal contratto nazionale di lavoro, cancellati dal governo Berlusconi con l'art.8 del decreto legge n.138 del 2011. I quesiti referendari – vogliono reintrodurre la la civiltà del lavoro che si fonda sul diritto di non essere licenziati senza giusta causa e vogliono abolire quella norma che cancella i contratti nazionali rendendo flessibili e derogabili e facendo divenire i cittadini lavoratori deboli, precari e ricattabili. La rimozione di quegli ostacoli che ieri venivano frapposti alla crescita del paese, in tutti i salotti televisivi, sui media, non hanno prodotto lavoro, a riprova che erano argomenti fasulli e pretestuosi (i fatti ci dicono che non è vero e che si tratta di un attacco gratuito ai diritti dei cittadini), ma hanno aggravato la situazione di una parte della cittadinanza. La modifica dell’art. 18 non ha prodotto sviluppo e occupazione. Prosegue di fatti la contrazione dell'attività dell'apparato industriale italiano. A luglio 2012 l'Istat ha registrato una flessione del 7,3% rispetto allo stesso mese del 2011. Ancora peggio il settore auto, -9,9%. L'Istat ha comunicato l'undicesimo calo consecutivo a livello tendenziale (ovvero rispetto allo stesso mese dell'anno precedente) per l'industria italiana. La produzione che si è contratta dello 0,2% su giugno (dato destagionalizzato) e del 7,3% rispetto a luglio 2011.
Ma c’è nel paese chi si dice contraria alla consultazione; il presidente del Pd, Rosy Bindi. "Penso che fare in questo momento un referendum - afferma - sull'articolo 18 sia un grave errore". Non firmerebbe mai i quesiti "perché questa riforma che parte dall'articolo 18 è frutto di una sintesi a cui abbiamo contribuito anche noi come Pd in maniera determinante e perché penso che la modifica all'articolo 18 sia assolutamente europea".Di parere contrario è Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione comunista che dichiara. "Il referendum ha un solo obiettivo: difendere i lavoratori e le lavoratrici dai disastri fatti dalla Bindi e dal Pd". Secondo Ferrero infatti "è del tutto evidente che senza il voto decisivo del Pd il governo Monti non sarebbe mai riuscito a demolire l'articolo 18”.Bonanni, segretario generale della Cisl dichiara che l "Art. 18 ha migliorato dalla riforma". "C'è stato un buon assestamento, come si sa in Parlamento, grazie alla nostra iniziativa. L'articolo 18 non è stato toccato anzi, è stato perfino migliorato in alcuni aspetti". "Come per esempio -- il raffreddamento possibile attraverso la conciliazione e l'arricchimento di norme di regolazione, quelle contrattuali inserite nella legge.
Di parere favorevole all’abolizione delle prerogative dell’art. 18, è il presidente del consiglio Monti- "Con lo Statuto meno posti" così ha dichiarato.. Certe disposizioni intese a tutelare le parti deboli nei rapporti economici - hanno finito, impattando sul gioco del mercato, per danneggiare le stesse parti deboli che intendevano favorire". Riferendosi esplicitamente "anche a certe disposizioni dello Statuto dei lavoratori". La difesa d’istituto ai suoi provvedimenti (Monti) e a quelle politiche seguite dal governo da parte di chi ne fa parte integrante (Bindi), e a quelle sigle che reggono il moccolo al governo, ci paiono ovvie, ma non ci sembrano validi gli argomenti portati. Di ritocco in ritocco, il sistema delle tutele viene smantellato.
Non sanno più cosa fare, i nostri politici-tecnici-banchieri-sindacalisti reggi moccolo. Ci hanno tartassato di tasse, hanno fatto tagli alla scuola, alle università, alla ricerca, alla cultura, alla sanità, ai buoni pasto dei lavoratori, ai carichi di lavoro, alla previdenza, aggravato il raggiungimento delle pensioni, bloccato il rinnovo dei contratti per i dipendenti pubblici, taglieranno gli organi della P.A. e non hanno tagliato dove dovevano tagliare (le spese militari e privilegi veri, un esempio per tutti non hanno introdotto l’imu per la chiesa): li vediamo assistere impotenti alla recessione industriale ed economica, e ripetono attoniti lo stesso mantra, dobbiamo tagliare qui, dobbiamo tagliare lì, facendo da moltiplicatore alla recessione e aggravando la crisi, scaricando la colpa non sulla loro stupidità, ma ancora una volta su chi il pane se lo suda tutti i giorni.
Perché siamo stati sempre contrari all’abrogazione dell’art. 18?
Dirsi contro l’abrogazione dell’art. 18 significa dichiarare la propria contrarietà al liberismo. Il liberismo questa che viene spacciata come una assurda teoria economica politica e che altro non è che una ideologia: una ideologia che intende portare l’orologio della storia indietro di parecchi anni. Una rivincita del capitalismo (questo sì un sistema economico!!) sulle vittorie conseguite dal movimento operaio con anni di dure lotte. Qualcosa che ha portato avanti la Thachter negli anni ‘80 e poi seguita da Reagan con la sua deregulation. Noi, in Italia ci siamo arrivati coi vari governi Prodi e Berlusconi fino ad arrivare all’accelerata impressa adesso dal governo Monti–Napolitano-BCE col beneplacito di quasi tutto lo schieramento parlamentare.Una ideologia sposata in pieno dalla rappresentanza parlamentare del PD ma non da tutta la sua base e la riprova sta nel fatto che una grossa fetta del “suo” sindacato di riferimento (la CGIL) si trova divisa, con da una parte Epifani che pensa che, in qualche modo, deve essere il parlamento a metter mano alle modifiche e dall’altra Cofferati che pensa che da questo disastro potrà salvarci solo un referendum. La Fiom da una parte ed il resto della CGIL sull’Aventino.Epifani ha senz’altro ragione quando afferma che il referendum sulla scala mobile è stato perso: dovrebbe, comunque, aggiungere che è stato perso perché ANCHE l’ala “socialista” di cui lui insieme a Del Turco faceva parte lo hanno osteggiato e lo hanno fatto assieme alla CISL e la UIL.
Ci hanno spacciato la “riforma Fornero” come la panacea della crisi economica in cui versa l’Italia ed invece non si riesce a capire di cosa vadano cianciando i vari Bonanni e Angeletti quando parlano di detassazione di premi di produttività di sgravi sulle retribuzioni sugli straordinari ecc.. sapendo che interi settori industriali rimangono fermi in cassa integrazione per gran parte dell’anno.