Il rifiuto della Fiat di reintegrare i tre lavoratori licenziati e poi riammessi al lavoro dalla magistratura che ha ravvisato e sanzionato il comportamento antisindacale dell'azienda, è soltanto l'ultimo grave atteggiamento della dirigenza Marchionne.
Un atto grave ed in linea con la “filosofiat” che, per il padronato italiano e per gran parte della politica di questo paese, sta diventando ormai la bandiera sotto la quale raccogliere le forze che stanno operando in modo scientifico per colpire i lavoratori e per tentare di annientare quelle forme di lotta e di rappresentanza non in sintonia con il sindacato concertativo e collaborativo.
Se questo è vero, non possiamo che inquadrare tutti questi eventi in un ambito più ampio, nel quale l'attacco al lavoro si sta dispiegando sia in termini di restringimento dei diritti sindacali, sia di modifica della normativa e delle leggi sul lavoro, sia nella negoziazione che vede il contratto nazionale ormai nel dimenticatoio, sia di pesante attacco a qualsiasi forma sindacale che non sia quella che condivide questo disegno.
Un disegno che è certamente autoritario ed antidemocratico e che serve per ridurre al massimo l'opposizione dei lavoratori alla ristrutturazione completa e rapida del modo di lavorare, dei ritmi, del salario e dell'organizzazione del lavoro.
Servono schiavi e non lavoratori e quindi l'attacco è sui diritti, ma anche culturalmente e socialmente sui valori che il lavoro, nel suo complesso, ha espresso e trasmesso alla società italiana dal dopoguerra ad oggi.
Gli errori politici e sindacali sono stati tanti, ma oggi siamo di fronte ad una mutazione che, se non ostacolata, produrrà effetti ancor più pesanti e che non riguarderanno esclusivamente le condizioni oggettive di lavoro, ma anche la possibilità o meno di migliorarle attraverso l'azione e la lotta sindacale.
Il settembre che ci aspetta sarà pieno di incertezze dal punto di vista politico e sindacale. I padroni hanno le idee molto chiare su come dovranno essere modificate le regole del gioco per permettergli di ridurre il lavoro a semplice appendice dell'economia, a fattore esclusivamente dipendente dai propri profitti, ad attività deregolamentata che si riconosca nelle leggi del mercato e non nel sindacato. Insomma: i padroni sanno bene come fare la “lotta di classe”,
Cgil, Cisl, Uil e Ugl per loro hanno fatto complessivamente un “buon lavoro” e, a prescindere dalle difficoltà, dalle divisioni e dalle contraddizioni interne alla Cgil, hanno coprodotto il quadro di sfascio sociale ed oggettivo del mondo del lavoro.
USB, che ha una visione ed una pratica molto diverse, vuole riuscire a rappresentare una alternativa concreta a queste organizzazioni sindacali per dare risposte adeguate alle forti aspettative che si stanno concentrando sul sindacato di base.
La vicenda Fiat deve insegnare a tutti noi che non esistono più vertenze aziendali che iniziano e terminano nell'ambito della propria realtà di lavoro.
Ormai dobbiamo ragionare in termini generali e costruire vertenze che siano legate sì all'azienda, ma anche al territorio, all'intera categoria e, più oltre, a tutto il mondo del lavoro.
Sarà sicuramente un autunno durissimo: sta ai lavoratori, al sindacato di base, alla USB, farlo diventare anche caldissimo.