Bisogna riandare al 1980 per rievocare l’uccisione di Alberta Battistelli ad opera dei vigili urbani.
Da allora in poi si decise che i vigili neoassunti non dovessero più essere armati, ma le armi rimasero per quelli che erano già in servizio.
La decisione di quella sorta di progressivo disarmo RdB la condivide e la sostiene e oggi si caratterizza per essere l’unica organizzazione sindacale che ha preso posizione contraria rispetto alla decisione di riarmare i vigili urbani.
Le organizzazioni sindacali più corporative avrebbero voluto forse un armamento ancora più pesante, mentre cgil, cisl e uil, pur non gradendo di armare la categoria, hanno affidato le loro rivendicazioni a tatticismi piuttosto che a una visione complessiva del problema (in particolare hanno chiesto l’istituzione di 20 armerie pensando che non si faranno mai): forse temendo un’emorragia di consensi verso il sindacalismo più corporativo e guerrafondaio.
Né ha giovato la contiguità con il Partito Democratico che – in cambio di un paio di emendamenti e di ordini del giorno – ha annullato la propria opposizione giungendo ad una pacifica astensione.
Siamo persuasi che abbia giocato un ruolo tutta la demagogica campagna sulla sicurezza messa in atto sin da prima delle elezioni, che però non risponde alla domanda: come hanno fatto i vigili urbani a fare il proprio lavoro senza armi per quasi 30 anni? La risposta sta tutta nella pochezza politica di risolvere i conflitti sociali e di affrontarli unicamente con una logica repressiva.
Oltretutto la delibera approvata non parla solo di pistole, ma anche di manganelli, di sciabole e di spray urticanti che forniscono il “necessaire” difensivo del nuovo vigile urbano.
Qui, a nostro giudizio, si concretizza la contraddizione più grossa: un’apparato difensivo eccessivo rispetto alle necessità effettive e che rende i vigili più insicuri sebbene siano più armati.
Ma anche altri aspetti dell’atto presentano delle notevoli incongruità. E’ il caso del vigile urbano residente in altro comune che diventa fuorilegge una volta oltrepassati i confini del territorio comunale (visto che non ci saranno le armerie). Oppure è la questione della mancata individuazione dei servizi specifici da svolgere con le armi. O, ancora, la potenziale difficoltà di far lavorare fianco a fianco lavoratori armati e lavoratori disarmati.
Crediamo che la responsabilità di quello che si annuncia come un prevedibile disastro non vada disgiunto dalle responsabilità delle organizzazioni sindacali che hanno barattato promozioni, incremento della dotazione delle categorie più elevate (con l’ordinamento professionale) in maniera del tutto svincolata dalle esigenze reali e che rischia di divenire ingestibile anche per loro.
RdB avverte una deriva che attraverso le spinte pseudo- federaliste, o quelle tutte centralizzate della nuova Roma Caput Mundi (una milizia personale per il Sindaco?) provoca un depotenziamento dei servizi propri della Polizia Municipale (sicurezza stradale, sicurezza ambientale, sicurezza nei cantieri, etc.) e per i quali si è altamente professionalizzati, in favore invece di quelli propri di altre forze di polizia: questo rassicurerà di più i cittadini?
Per questo RdB intende opporsi con tutti i mezzi legali e sindacali a questa trasformazione del ruolo della Polizia Municipale e invita tutto il personale del Corpo a rinunciare formalmente all’utilizzo delle armi. Non per una generica e tollerabile obiezione di coscienza, ma proprio come scelta consapevole di svolgere un lavoro delicato e difficile che però non migliora con l’arma.
Per questo sono a disposizione di tutti – contattando i nostri rappresentanti – moduli di rinuncia calibrati sui contenuti della delibera consiliare.